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vera araujoVera Araújo presenta il tema della fraternità a un gruppo di parlamentari presso il Parlamento di Seoul.

In occasione di un suo viaggio in Corea, Vera Araújo – coordinatrice di Social-One – è stata invitata a svolgere il tema "La fraternità: sfida di oggi" ad un gruppo di parlamentari coreani, altri politici impegnati a vari livelli, giornalisti di diverse testate e a degli di imprenditori che avevano mostrato interesse per il progetto Economia di comunione. La conferenza ha avuto luogo in una sala del Parlamento di Seoul l’8 giugno 2007.

LA FRATERNITÀ, SFIDA DI OGGI

di Vera Araújo Parlamento di Seoul, 8 giugno 2007

seoul_booklet_small.jpg«Le forti contraddizioni che segnano la nostra epoca necessitano di un punto di orientamento altrettanto penetrante ed incisivo, di categorie di pensiero e di azione capaci di coinvolgere ogni singola persona, così come i popoli con i loro ordinamenti economici, sociali e politici. C'è un'idea universale, che è già un'esperienza in atto, e che si sta rivelando in grado di reggere il peso di questa sfida epocale: la fraternità universale
(Chiara Lubich, Rosario (Argentina) 2.6.2005 , Messaggio al Convegno "Ciudades por la unidad")

Vorrei iniziare queste mie riflessioni con un brano di un messaggio di Chiara Lubich indirizzato ad un Convegno di Sindaci latino-americani, di forte sapore profetico e, al contempo, di inusitata concretezza. Proporre la fraternità universale come categoria di pensiero e di azione nelle relazioni interpersonali e internazionali, come principio di orientamento per il superamento delle forti contraddizioni che segnano la nostra epoca, è anzitutto un invito ad una riflessione seria sul principio di fraternità. La parola fraternità suscita certamente in noi reazioni molto diverse. Positive, se essa è collocata nel contesto dei rapporti familiari, dove è percepita come sinonimo di sostegno, di prossimità, di condivisione, di calore affettivo. Reazioni quanto meno all'insegna della perplessità, se la fraternità è collocata nell'ambito pubblico, dove al massimo intravediamo nella solidarietà un principio collante le relazioni sociali. E, addirittura diffidenti sono le reazioni se la fraternità è accostata al complesso mondo dell'economia. Eppure se guardiamo la storia della fraternità, della sua comprensione, del suo calarsi nelle vicende umane, vediamo che essa è stata ed è presente, non solo nella nostra vita privata, ma anche nella nostra vita pubblica, anche se molti l'hanno voluta emarginare, se non bandire completamente. Il principio di fraternità ha una valenza religioso-morale e una laico-naturale. In tutte le grandi religioni - con accenti diversi e nei contesti più vari - la fraternità è presente come obbiettivo di rapporti fra essere umani, come elemento edificante una convivenza sana e pacifica. Ma è con il cristianesimo che la fraternità assume una valenza universale. Va al di là dei legami di sangue e amicali per fondare la stessa convivenza umana. Non si tratta solo di una virtù, dunque legata ad un comportamento, ma di un concetto che richiede una fondazione ontologica, propria dell'essere. Essa viene indicata da Gesù nella universale paternità di Dio verso tutti gli uomini. Perché tutti, senza distinzione, sono figli dello stesso Padre; tutti senza distinzione, sono fratelli fra loro. Questa affermazione dell'uomo di Nazaret inserisce nella storia un principio innovativo e rivoluzionario: abbatte le mura che separano gli "uguali" dai "diversi", gli amici dai nemici, i compatrioti dagli stranieri, gli uomini dalle donne e, così facendo, scioglie ciascun uomo da ogni rapporto ingiusto o semplicemente indifferente e invita tutti a comporre una nuova convivenza esistenziale, sociale, culturale, politica. Da allora i germi del principio di fraternità iniziano a fiorire e ad innervare la storia. Quella della fraternità è una storia affascinante che conosce nel suo cammino momenti di successi ma anche fallimenti e tradimenti cocenti. Fra i momenti luminosi come non pensare alla fraternità monastica che nell'Europa del V e VI secolo con Benedetto da Norcia crea una rete di centri spirituali, economici e culturali attorno ai quali rinasce l'Europa? Ora et labora è il motto benedettino che compone la fraternità dei contemplativi con i lavoratori della terra. Più tardi, nel Medio Evo, fiorisce la fraternità mendicante. La vita consacrata lascia i monasteri per scendere nei borghi e nelle città medievali. Fratelli tra fratelli è il loro ideale evangelico, di cui Francesco di Assisi è tipo, icona e modello insuperabile. Il poverello fonda la sua comunità sulla fraternità che si estende a tutti i poveri, lebbrosi, emarginati, ma anche ai signori, agli ecclesiastici, ai lontani come i musulmani, sino a coinvolgere in questo abbraccio universale tutte le creature di Dio: fratello sole e sorella luna e le stelle, fratello vento e sorella acqua, fratello fuoco, sorella terra e sorella nostra morte (1). E come non pensare nel nuovo mondo che si affaccia alla conoscenza dei popoli, alle Reduciones dei Gesuiti nel cono sud dell'America Latina, vero esempio di fraternità con gli Indios, base per l'incontro culturale nell'opera di evangelizzazione, di riscatto e di crescita economica? Fra i fallimenti e i tradimenti non c'è che l'imbarazzo della scelta: basti ricordare le guerre di religione in Europa con il loro seguito di sofferenza e di morte, le crociate in Medio Oriente, il saccheggio dell'Africa nell'era coloniale. La fraternità emerge nella modernità nella sua valenza laica come categoria sociale e politica nel trittico della rivoluzione francese: liberté, égalité, fraternité. Sarebbe molto interessante percorrere i travagli e gli eventi che hanno portato all'enunciazione del trittico. La rivoluzione del 1789 faticosamente mise a fuoco anzitutto la libertà ma neppure essa è stata subito un punto di riferimento per tutti quelli che volevano un mutamento della situazione. L'uguaglianza dovette attendere i necessari cambiamenti giuridici al fine di creare una situazione nuova dove i privilegi venissero aboliti. Per trovare espressa la fraternità bisogna aspettare il 29 maggio 1791 quando in un discorso pronunciato in occasione della costituzione delle forze armate francesi, il marchese di Girardin disse: "Il popolo francese, che vuole per base della sua Costituzione l'Uguaglianza, la Giustizia e l'universale Fraternità ha dichiarato che mai attaccherà nessun popolo". Però sarà solo con la rivoluzione del 1848 che il famoso trittico diventerà "divisa" della nazione. Il governo che nasce dalla proclamazione della repubblica, nel giorno stesso del suo insediamento (24.2.1848) nel suo primo proclama, afferma tra l'altro: "La Libertà, l'Uguaglianza e la Fraternità per principi, il Popolo per divisa e parola d'ordine, ecco il governo democratico che la Francia deve a se stessa e che i nostri sforzi sapranno assicurarle". Di seguito il governo ribadisce che sulla bandiera tricolore si scriverà : "Repubblica francese" e "Libertà, Uguaglianza. Fraternità": "tre parole che esprimono il senso più esteso delle dottrine democratiche, di cui questa bandiera è il simbolo, nel mentre i suoi colori ne continueranno la tradizione". Bisogna tener presente che, se nella rivoluzione del 1798 fu protagonista la borghesia nascente, quella del 1848 si inserisce nel varco aperto dalla sollevazione del proletariato. Già questo fatto apriva alla fraternità nuove possibilità di concretezza, di incarnarsi nelle trame della vita sociale. Eppure sappiamo che, con il tempo, il terzo elemento del trittico andò in disuso. La lettura ideologica dei tre elementi diede vita a mediazioni storiche variegate e in contrasto - a volte anche aspro e conflittuale - tra di loro. Lo spirito borghese della nascente modernità lesse la libertà prevalentemente come allargamento del potere economico e delle libertà individuali, favorendo di fatto i detentori del capitale e dei mezzi di produzione a scapito del proletariato. L'uguaglianza trovò posto come affermazione solenne nei codici giuridici divenendo, poco a poco, più formale che reale. La fraternità si risolse in ristretti accordi di interesse e in realtà rimase disattesa, distante da ogni riflessione e prassi sociale e politica. La reazione fu il socialismo scientifico con una sua particolare lettura: la libertà fu intesa quasi esclusivamente sul piano economico a detrimento della libertà più interiore e profonda; la uguaglianza divenne egualitarismo e la fraternità si chiuse negli angusti spazi della classe. Povero destino quello della fraternità per lunghi secoli, se la storia stessa non si fosse poi incaricata di darle ragione. La modernità dopo i suoi trionfi strepitosi conosce una crisi profonda di valori, che richiede ed obbliga ad una rilettura di quei principi che ne sono stati il suo fondamento. Forse oggi è possibile una lettura più completa e più ricca del trinomio, per ritrovarvi un nuovo equilibrio tra i tre elementi. L'insegnamento della storia sembra indichi nella fraternità il fondamento dell'intero edificio, l'amalgama che lega gli altri due dando loro senso e significato. Perché? Perché la fraternità è la pienezza della reciprocità che, a sua volta, ci offre una chiave di lettura per un'ulteriore comprensione dell'autentica uguaglianza e della libertà. Scrive il sociologo Sabino Palumbieri in un suo bel saggio: "L'elemento base del trinomio, sul piano della garanzia vitale, è la fraternità. L'elemento condizionante è la libertà come capacità di promuovere quella dell'altro. L'elemento verificante è l'applicazione universale" (2). Pensiamo che la fraternità oggi non solo può trovare spazio, ma si imponga come una necessità per portare a maturazione una società più umana, meno conflittuale e problematica, che si caratterizzi per relazioni inclusive, positive, creative. In questa operazione, che è davvero globale, vedo coerente e auspicabile una maggior comprensione e un maggior dialogo tra cultura laica e religiosa alla ricerca di elementi comuni - come la fraternità - in vista di un obbiettivo da raggiungere. L'orizzonte religioso offre alla società attuale, complessa e globalizzata, una fraternità vitale e capace di calarsi nelle vicende della quotidianità. L'indù Gandhi insegnava: «La mia missione non è semplicemente la fratellanza dell'umanità indiana. Ma attraverso l'attuazione della libertà dell'India, spero di attuare e sviluppare la missione della fratellanza degli uomini»(3). Nel Corano, libro sacro dei musulmani si legge: «Ogni essere umano è somigliante ai suoi simili e perciò l'umanità forma una comunità fraterna a servizio del creatore, il compassionevole, il Signore dell'Universo». La prospettiva cristiana sottolinea in modo sostanziale che qualità primaria della fraternità è l'universalità. Ciò significa distendere i rapporti fraterni oltre i vincoli del rapporto parentale e dei legami familiari per raggiungere ed abbracciare ogni essere umano, uomo o donna, cittadino o straniero, della mia o dell'altrui razza, patria, etnia, religione, considerato ed accolto come un fratello, una sorella. Per il cristianesimo - come già detto - tale convinzione deriva dal fatto che tutti sono fratelli perché l'intera umanità è radunata dal Cristo come un'unica famiglia. La sfida è quella di concretizzare nella storia ciò che è segno della nostra umanità. Martin Luther King, uomo politico, difensore dei diritti dei suoi fratelli neri, aveva capito a fondo questo insegnamento, là dove asseriva: «Ho il sogno che un giorno gli uomini si renderanno conto che sono stati creati per vivere insieme come fratelli; e che la fratellanza diventerà l'ordine del giorno di un uomo di affari e la parola d'ordine dell'uomo di governo».4 In un famosissimo discorso pronunciato a Washington City egli gridava alla folla: «Io sogno che un giorno gli uomini si solleveranno e finalmente capiranno che sono fatti per vivere insieme come fratelli. (...) Io sogno ancora che un giorno la giustizia scorrerà come l'acqua e la rettitudine come un fiume irruente. (...) Io sogno ancora che un giorno la guerra cesserà, che gli uomini trasformeranno le loro spade in vomeri di aratro e le loro lance in falci, che le nazioni non si scaglieranno più le une contro le altre e non progetteranno mai più la guerra. (...) Io sogno pure che grazie a questa fede saremo capaci di respingere lontano le tentazioni della disperazione e di gettare una nuova luce sulle tenebre del pessimismo. Sì, grazie a questa fede saremo capaci di affrettare il giorno in cui la pace regnerà sulla terra e la buona volontà si manifesterà a favore degli uomini. Sarà un giorno meraviglioso, le stelle del mattino canteranno insieme e i figli di Dio grideranno di gioia» (5). Il Concilio Vaticano II nel Documento che tratta dei rapporti fra Chiesa e mondo contemporaneo - Gaudium et Spes - riparte da questa convinzione nell'offrire agli uomini di oggi un suo contributo specifico alle soluzioni delle sfide con cui dobbiamo misurarci. Al n. 24: «Dio, che ha una cura paterna di tutti, ha voluto che gli uomini formassero una sola famiglia e si trattassero fra loro con animo di fratelli». Questo elemento viene reso operativo da Cristo. Sempre la Gaudium et Spes così dice al n. 32: «Nella sua predicazione espressamente comandò ai figli di Dio che si trattassero vicendevolmente da fratelli. Comandò, inoltre, agli apostoli di annunciare il messaggio evangelico a tutte le genti, perché il genere umano diventasse la famiglia di Dio, nella quale la pienezza della legge fosse l'amore». Consequenziale diventa l'impegno della Chiesa, comunità dei seguaci di Cristo, di offrire all'umanità «la cooperazione sincera al fine di stabilire quella fraternità universale che corrisponde alla vocazione dell'uomo» (n. 3). La fraternità, dunque, come DNA di ogni uomo e perciò come qualità di ogni comportamento e atteggiamento relazionale per la costruzione di una convivenza sociale positiva. Sul versante laico la fraternità è stata accolta nel massimo documento politico dell'epoca moderna: la "Dichiarazione dei Diritti dell'uomo" delle Nazioni Unite. Lì leggiamo: «Tutti gli uomini nascono liberi e uguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza» (art.1). La svolta epocale che i tempi richiedono - è mia convinzione - deve partire da una nuova cultura, da uno sguardo nuovo sulla realtà, da una riflessione che abbia il coraggio di incorporare nel quadro concettuale, idee e categorie nuove, o meglio rinnovate dalle nostre esperienze e dalla nostra creatività. Una di queste idee è certamente la fraternità intesa non solo come comportamento virtuoso, etico, ma come categoria concettuale, come paradigma scientifico che possa innervare il discorso culturale offrendo nuove possibilità di comprensione della vita sociale e di orientamento al cambiamento dell'ordine sociale-economico-politico. Occorre scavare a fondo per vedere cosa la fraternità ci offre come categoria politica, sociologica, giuridica e addirittura economica. Il concetto di fraternità da un punto di vista giuridico fonda i diritti fondamentali e i diritti soggettivi in genere, partendo dalla consapevolezza che essi non sono un bene attribuito alle singole persone ma sono in grado di creare ordine e relazione tra singole persone o gruppo. In questo senso il concetto di fraternità contiene anche l'aspetto della solidarietà e dell'equità. Esso si presenta come principio ispiratore delle norme, ricco di indicazioni preziose. Potremmo indicarne alcune: un punto di riferimento comune, vale a dire la ricerca di una raccolta dei diritti umani universalmente riconosciuti; un orientamento non solo per il presente ma anche per il futuro, il che implica l'assunzione di responsabilità affinché le libertà vengano assicurate anche alle generazioni future; una territorialità universale che abbracci l'umanità nella sua totalità. Anche nel campo della politica risuonano sempre più numerose le voci che invocano il principio di fraternità come principio ispiratore dell'azione politica, dell'attività politica, del pensiero politico. In questo contesto nel 1996 Chiara Lubich, fondatrice e presidente del Movimento dei Focolari, diede vita al Movimento Politico dell'unità che ha come obiettivo di coniugare la fraternità in politica. Un movimento politico sì, ma trasversale ai diversi partiti, anzi, che offre loro uno "spazio altro" dove andare al di là delle contrapposizioni e delle contese, delle scelte e delle diverse idealità per realizzare il bene comune della comunità ponendo le condizioni perché i cittadini stessi diventino protagonisti della propria crescita e della propria dignità, singolarmente e comunitariamente. Dialogando con il Prof Benjamin Barber degli U.S.A., promotore delle giornate dell'interdipendenza, Chiara Lubich scrive in un messaggio rivoltogli in occasione di una di tali giornate (a Filadelfia nel 2003): «Senza la fraternità, nessun uomo e nessun popolo sono veramente e fino in fondo liberi ed eguali. Uguaglianza e libertà saranno sempre incomplete e precarie, finché la fraternità non sarà parte integrante dei programmi e dei processi politici in ogni regione del mondo. E' la fraternità che può dare oggi contenuti nuovi alla realtà dell'interdipendenza. E' la fraternità che può far fiorire progetti ed azioni nel complesso tessuto politico, economico, culturale e sociale del nostro mondo. E' la fraternità che fa uscire dall'isolamento e apre la porta dello sviluppo ai popoli che ne sono ancora esclusi. E' la fraternità che indica come risolvere pacificamente i dissidi e che relega la guerra ai libri di storia. E' per la fraternità vissuta che si può sognare e persino sperare in una qualche comunione dei beni fra paesi ricchi e poveri, dato che lo scandaloso squilibrio, oggi esistente nel mondo è una delle cause principali del terrorismo. Il profondo bisogno di pace che l'umanità oggi esprime, dice che la fraternità non è solo un valore, non è solo un metodo, ma un paradigma globale di sviluppo politico. Ecco perché un mondo sempre più interdipendente ha bisogno di politici, di imprenditori, di intellettuali e di artisti che pongano la fraternità - strumento di unità - al centro del loro agire e pensare». Diceva Chiara Lubich in un incontro con molti parlamentari italiani : «La fraternità (...) consente di comprendere e far proprio anche il punto di vista dell'altro, così che nessun interesse, nessuna esigenza rimangano estranei... «La fraternità consente di tenere insieme e valorizzare esperienze umane che rischiano, altrimenti, di svilupparsi in conflitti insanabili... «La fraternità consolida le coscienze dell'importanza degli organismi internazionali e di tutti quei processi che tendono a superare le barriere e realizzano importanti tappe verso l'unità della famiglia umana. «La fraternità consentirebbe inoltre di immettere nuovi principi nel lavoro politico quotidiano: farebbe in modo che non si governi mai contro qualcuno o essendo solo l'espressione di una parte del paese.» I politici che fanno proprio il messaggio della fraternità che il Movimento Politico dell'Unità propone stanno innovando profondamente il loro agire politico. Recentemente, una quindicina di comuni del Paraguay hanno stretto fra loro "un patto di fraternità" che si concretizza nel mutuo aiuto, nel mutuo rispetto, nella mutua solidarietà. Non più di qualche mese fa, politici italiani di vari partiti, con la partecipazione di funzionari e magistrati ispirati e mossi dal principio della fraternità, hanno realizzato un "patto etico" in cui prendono l'impegno di inserire nelle loro decisioni politiche e nelle scelte dei propri candidati, un deciso e fermo atteggiamento anti-mafioso. In vari paesi dell'Europa e di altri continenti, politici di diversi schieramenti si incontrano in modo continuativo, per interrogarsi su come far calare il principio di fraternità nelle situazioni con cui si misurano ogni giorno. Mi piacerebbe accennare, anche se soltanto brevemente, ai contributi che vanno maturando anche in campo sociologico riguardo all'assunzione della fraternità come principio ispiratore per la costruzione di modelli teorici, di strategie di ricerca empirica e di schemi di applicazione. Purtroppo il tempo a mia disposizione non lo permette, per cui, in quest'ultima parte cercherò di delineare qualche riflessione sulla fraternità in economia. In economia esistono alcuni punti nodali che, con particolare urgenza, necessitano di essere rivisitati - quando non rifondati - dalla prospettiva del principio di fraternità. Ciò permetterà una loro rilettura storica unitamente all'apertura di nuove prospettive sia dal punto di vista della prassi che da quello teorico. Uno di questi punti nodali è senz'altro il mercato. Da luogo di scambio di beni e servizi e da elemento di costruzione di relazioni sociali positive, il mercato è via via diventato una sorta di potere a se stante in grado di influire in modo determinante sulle altre dimensioni della vita. Il mercato sta imponendo i suoi criteri di giudizio, la sua cultura, i suoi valori, i suoi metodi, alle popolazioni, agli Stati, alle istituzioni internazionali. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: i desolanti dati diffusi in queste ultime settimane dalla FAO le illustrano in modo inequivocabile. A questo riguardo il principio di fraternità può offrire apporti quanto mai preziosi. A titolo di esempio, esso può offrire la base per una nuova cultura. Questo processo in realtà è già iniziato. Anche se a un livello ancora germinale, si sta sviluppando la cultura del dare: vero antidoto alla disumanizzazione prodotta dalla dominante cultura dell'avere, la cultura del dare si sta mostrando strumento foriero di speranza per la crescita in umanità sia a livello personale che sociale. Altro punto nodale è dato dalle motivazioni che sottostanno all'attività economica, cioè dalla cosiddetta razionalità economica. Come è noto, in base a questa razionalità l'idea-guida dell'agire economico è il proprio interesse, il proprio tornaconto e, secondo tale razionalità, la somma dei singoli interessi porterebbe al perseguimento dell'interesse generale. La storia sta dimostrando quanto la costruzione che è sorta e cresciuta in base a questo assunto possa essere paragonata alla mitica statua coi piedi di argilla. Come può reggersi una società basata in ultima analisi su di un individualismo radicale, sull'egoismo singolo e di gruppo? Come può crescere in umanità una società in cui aumentano le disuguaglianze, in cui si è smarrito il senso della giustizia, della verità, della vita? Sotto questa prospettiva il principio di fraternità può anzitutto offrire una antropologia che tiene conto e rispetta tutte le dimensioni dell'uomo e, su questa base, può far trovare all'agire economico delle motivazioni rispettose della dignità della persona umana; può dar vita ad una razionalità basata sull'apertura all'altro, sulla fiducia, sulla giustizia, sull'onestà. Un terzo punto nodale cui dare almeno uno sguardo, è quello dell'impresa. Situata al cuore del sistema economico, si trova oggi pesantemente coinvolta nei profondi cambiamenti legati alla globalizzazione. Stretta dalla spinta di massimizzare i suoi profitti (secondo un non mai esaurito filone teorico) ma anche ad aprirsi a nuove responsabilità sociali ed etiche, l'impresa necessita di principi forti per realizzare la sua naturale vocazione a produrre beni e servizi, commerciare, creare lavoro, innovare... Ma il principio di fraternità la potrà portare a realizzare il suo disegno più importante: essere prima di tutto una comunità di persone. Una comunità che vive di rapporti autentici e profondi al suo interno, con la capacità di traboccarli all'esterno. Vorrei qui sottolineare come esistono dei principi regolatori di un qualsiasi ordine sociale, che valgono anche per l'economia. Uno riguarda l'uguaglianza equivalente dei valori. In parole povere, secondo questo principio chiunque faccia o dia qualcosa a qualcun altro deve riceverne l'equivalente in valore. Nel mercato corrisponde al prezzo. Questo principio realizza un risultato efficiente, efficace, cosa non indifferente nel mercato. Un secondo principio è quello di ridistribuzione. Non basta produrre ricchezza: bisogna ridistribuirla con equità. Siamo già un passo più in là della uguaglianza, perché l'equità richiede piuttosto che tutti siano messi nelle condizioni di poter partecipare alla vita economica. Un terzo principio è quello della reciprocità. Questo principio che era ben presente agli albori delle teorie economiche, è stato emarginato, ma oggi ritorna di prepotenza. Cosa mira il principio di reciprocità? Mira a mettere in pratica la fraternità. Un buon ordine sociale è quello in cui convivono l'efficienza, la ridistribuzione e la reciprocità. E si capisce subito che la pratica della fraternità darà sostanza, contenuto e senso all'efficienza e alla ridistribuzione. Introdurre nelle relazioni economiche e aziendali il principio di fraternità significherà - come insegna l'economista Stefano Zamagni, "scoprire il volto dell'altro e scoprire che l'altro è un tu e non un alter ego". E' un po' quello che sta avvenendo in tutto quel settore dell'economia che va sotto il nome di "economia civile" o "terzo settore" che introduce nei meccanismi e nelle dinamiche aziendali temi come la centralità della persona, la solidarietà, l'etica. In altre parole reintroduce la fraternità come collante di rapporti nuovi, sostenuti però da leggi nuove e da principi economici innovativi. Come è noto, è questo un settore molto vivo, vitale, promettente. Raccoglie forze fresche capaci di immaginazione, di innovazione, pronte a giocarsi tutto per portare a frutto i loro progetti. Fra il gran numero di iniziative in esso fiorite, vorrei richiamare quella dell'Economia di Comunione. E'un progetto nato in seno al Movimento dei Focolari, da una ispirazione della sua fondatrice Chiara Lubich, in occasione di un suo viaggio in Brasile nel maggio 1991. Soggiornando nella Cittadella Araceli, centro di formazione del Movimento in Brasile nei pressi di San Paolo, Chiara viene a contatto diretto con gli squilibri socio-economici di quell'immenso paese. Ha guardato con i suoi occhi gli splendidi grattacieli della metropoli e le sterminate "favelas" che la circondano. È stata informata che in quelle baracche vivono molti aderenti del Movimento, nel bisogno e nella povertà. La comunione dei beni vissuta da sempre fra i membri del Movimento come espressione dell'amore reciproco evangelico non è più sufficiente a coprire le necessità dei più. Ed ecco, dopo giorni e giorni vissuti in un clima spirituale alto e di grande fraternità, l'ispirazione: far nascere delle aziende, metterle in mano a delle persone capaci perché rendano utili. Poi condividere questi utili dividendoli in tre parti: una per i bisognosi, indigenti, poveri; una per la formazione di uomini nuovi, indirizzati alla solidarietà, perché senza di loro non si fa una società nuova e una per investire ancora nell'impresa, per sostenerla e farla progredire. Un'idea semplice, lineare e fortemente innovativa perché immette nell'orizzonte dell'economia i principi del dono, della gratuità, della comunione, della condivisione. Nascono le aziende che aderiscono all'EdC. Prima in Brasile, in Argentina e poi negli altri continenti. Sono aziende che operano nei più diversi settori economici: produzione di beni e servizi; uffici di consulenza, di contabilità, di informatica e manageriali; studi di progettazione; studi medici, legali; attività commerciali, attività agricole, ecc. A tutt'oggi dopo 16 anni di vita, sono più di 700 le imprese EdC nel mondo. Il primo obiettivo di una azienda EdC è quello di condividere i propri utili. Ma non è l'unico obiettivo: in questi sedici anni si è capito e si è sperimentato che il progetto EdC, assumendo i principi della spiritualità del Movimento dei Focolari come valori da vivere nel concreto operare economico, sta sviluppando un suo proprio agire aziendale nuovo. Da queste esperienze vissute sono nate delle "Linee per condurre un'impresa", ossia principi orientativi di carattere tecnico-etico per indirizzare la vita aziendale sulla via della logica del dare, dell'amore, della comunione. Sintetizzando al massimo, essi sono: 1. Il ruolo centrale della persona e non del capitale nelle imprese. Ciò significa concretamente assunzione di responsabilità e di partecipazione di tutti i componenti nella gestione dell'impresa. 2. I rapporti con clienti, fornitori, la società civile e gli altri soggetti esterni, compresi i concorrenti, sono improntati al massimo rispetto e stima. Questo atteggiamento all'acquisizione di un capitale immateriale costituito da rapporti di fiducia, percepito come una ricchezza dell'impresa. 3. L'impresa rispetta le leggi e mantiene un comportamento eticamente corretto nei confronti delle autorità fiscali, degli organi di controllo, dei sindacati e degli organi istituzionali. Ugualmente agisce nei confronti dei propri dipendenti, dai quali si attende pari comportamento. 4. Alto livello di qualità della vita e della produzione sono importanti obiettivo da raggiungere. Il primo si ottiene cercando di trasformare l'azienda in una vera comunità che si cura del benessere e della salute di ogni membro, nonché dell'instaurazione di rapporti distesi, di rispetto, amicizia e fiducia. La qualità della produzione si ottiene attraverso un lavoro costante di confronto e partecipazione. 5. L'impresa cerca di avere grande cura per gli ambienti dove si lavora in modo che siano puliti, ordinati e gradevoli, sì da essere cornice adatta a rapporti veramente umani e fraterni. 6. Una formazione a tutto campo è parte integrante della vita dell'impresa: condivisione dei talenti, delle idee e delle competenze, nonché corsi di sviluppo professionale per tutti saranno garanzia del progresso dell'impresa. Le imprese sono portate a creare un clima di comunicazione aperta e sincera che favorisca lo scambio di idee tra dirigenti e lavoratori. Questa comunicazione si allarga poi alle altre imprese EdC sia a livello locale che internazionale favorendo reciproco sostegno e solidarietà. Nell'ambito di questo progetto in questi ultimi anni c'è stata una forte spinta a far nascere dei "poli impresariali" dove la fraternità viene vissuta fra imprese e da visibilità all'intero progetto. Ne sono sorti due in Brasile, uno in Argentina, in Belgio, in Portogallo. Il polo impresariale italiano EdC è in costruzione nella cittadella del Movimento dei Focolari a Loppiano in Incisa Valdarno, nei pressi di Firenze. Quale lo scopo di questi Poli? Senz'altro dare visibilità al progetto EdC, radunare in un luogo più aziende EdC in modo che si veda il progetto. Si veda cosa? Certo le aziende materialmente, ma soprattutto si veda ciò che sottostà al progetto: il senso della famiglia, l'amore, l'unità, la comunione, cioè la fraternità realizzata anche nell'ambito delle strutture economiche. Un qualsiasi visitatore di un Polo EdC sentirà anche parlare di costi e profitti, di gestione aziendale, di congiuntura economica, di inflazione e rischio. Ma sotto questi discorsi, se è attento e sensibile, troverà una inusitata dimensione spirituale, una tensione a vivere pienamente le esigenze dell'amore evangelico, a generare fraternità autentica. Ma il polo non ha solo lo scopo di dare visibilità al progetto EdC. Esso fa da punto di riferimento per tutte le aziende di una nazione in modo che tutte siano concretamente coinvolte nell'esperienza di fraternità. Quindi, ogni polo EdC è un punto di riferimento "ideale" e materiale insieme. Mi avvio alla conclusione con una sola annotazione. Diceva un amico che se il secolo XIX è stato il secolo della libertà, il XX quello dell'uguaglianza, chissà che il secolo XXI non sia quello della fraternità. Una cosa è certa: la fraternità nasce e cresce quando ognuno di noi è capace di guardare l'altro, qualunque altro in faccia, negli occhi, ed è capace di scorgere in lui un volto che in fondo rispecchia sé stesso. Allora tutto cambia e da quello sguardo può nascere qualcosa di veramente nuovo nel mondo.

Grazie!

1 Fonti francescane, Padova 1989, p.178.

2 S. PALUMBIERI, Homo planetarius, in MANTOVANI, S. THURUTHIYIL (a cura di), Quale globalizzazione?, Roma 2000, p. 245.

3 M.K GANDHI, Antiche come le montagne, Milano 1970, p. 162.

4 M.L.KING, Discorso della vigilia di Natale 1967, Atlanta, cit. in Il fronte della coscienza, Torino 1968, p. 2.

5 M.L. KING, La pace di Natale, cit. in Pregare con Martin Luther King, Milano 1982, pp. 74-75.

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