Tavola Rotonda su: Dialogo sul tema della fraternità in vari ambiti culturali

_06-Tavola-Rotona_secintervento di Esther Salamanca

Professoressa all’università di Mursia, esperta in relazioni e politiche internazionali

Da un punto di vista teorico, penso che possiamo collocarci su due livelli di analisi diversi. Da una parte, è necessario porre tale domanda nel contesto del dibattito che si è riaperto all'interno della comunità scientifica negli ultimi anni, sui fondamenti del Diritto internazione (moral foundation of international legal order- fondamenti morali dell'ordine legale internazionale). D'altro canto, è necessario informarsi sulla possibile incidenza di tale categoria nella struttura della società internazonale. Questi due livelli che abbiamo differenziato - normativo ed istituzionale - sono strettamente vincolati, dato che il Diritto internazionale, come ogni ordinamento giuridico, è condizionato dal gruppo sociale che esso regola, nel nostro caso dalle caratteristiche della società internazionale[1]. Vorrei chiarire, inoltre, che questa analisi teorica non è per niente sterile, ed ha invece un'incidenza fondamentale nella pratica, nella politica internazionale. Perchè la linea di comportamento degli Stati si basa sul concetto che essi hanno del diritto internazionale e delle relazioni internazionali.

Una premessa: cosa si intende per  fraternità quando si parla di ordine internazionale?

Il concetto di "fraternità" che ho in mente, emerge da due dati oggettivi accettati universalmente:

  • In primis, l'appartenenza di tutti gli esseri umani ad una "entità globale" che è l'umanità. Nel Preambolo della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo (1948) si riconosce in modo esplicito "la dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana". La nozione di umanità ha un doppio significato. E' interspaziale: raggruppa tutti gli uomini che vivono nel medesimo tempo, indipedentemente dal luogo dove vivono; ed è intertemporale, perchè ad essa appartengono non soltanto tutti quelli che ci vivono nel presente, ma bensì anche quelli che ci vivranno in futuro.
  • In secondo luogo, l'esistenza di un vincolo fraterno tra tutti i membri dell'umanità per la natura umana che li accomuna. Ciò che l'articolo 1 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo (1948) denomina "spirito di fratellanza". "Tutti gli esseri umani nascono liberi ed uguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza".

Il giurista  Klaus Dicke, studioso della Dichiarazione, afferma che la dignità umana riconosciuta nella Dichiarazione Universale è "espressione dell'unità della famiglia umana"[2]. L'introduzione di questa idea di fraternità nell'articolo 1 della Dichiarazione, le conferisce il valore di principio programmatico[3]. Tale interpretazione spiega l'articolo 1 della Dichiarazione dell'UNESCO sul genoma umano: "Il genoma umano è la base dell'unità fondamentale di tutti i membri della famiglia umana e del riconoscimento della sua dignità intrinseca e della sua diversità"[4].

Tuttavia, tale realtà naturale  è determinata sul piano politico dall'esistenza di una entità politica che è lo Stato sovrano. L'umanità è strutturata politicamente in Stati sovrani e continuerà ad essere così finché non esisterà una autorità politica internazionale al di sopra degli Stati. Tuttavia, tale realtà temporale non elimina la realtà naturale, ma al contrario, apporta una caratteristica relazionale ad ogni comunità umana o politica: i paesi, gli Stati, le organizzazioni internazionali[5].

Spiegando il concetto di fraternità dal quale siamo partiti - "unità della famiglia umana" - farò riferimento al primo livello menzionato: i fini del diritto internazionale.

Senza entrare in merito ai dettagli delle nuove teorie sulla giustificazione morale e giuridica del Diritto internazionale, o, detto in altre parole, della funzione che deve compiere oggi il diritto internazionale[6], possiamo sintetizzare dicendo che esistono oggigiorno due grandi linee di pensiero: una concezione classica - static approach (approccio statico) -  la quale considera che il fine dell'ordine giuridico internazionale continua ad essere gli interessi degli Stati. La seconda -human rights approch - difende il fatto che il fine dell'ordine giuridico internazionale siano i diritti umani, la giustizia per tutte le persone del pianeta[7]. Tuttavia, a queste è doveroso aggiungere un'ulteriore filosofia giuridica che cerca di introdurre nei fori internazionali una nuova funzione del Diritto internazionale: i diritti dell'umanità - humanity approach -. La tipificazione penale dei "crimini contro l'umanità"; la recente evoluzione del "diritto internazionale umanitario"; l'umanità nel suo insieme come titolare di un patrimonio comune (i fondali oceanici, la Luna, ed altri corpi celesti); l'ambiente come "preoccupazione comune dell'umanità", compreso il principio di equità intergenerazionale, sono sviluppi del diritto internazionale contemporaneo che non possono essere spiegati senza l'appartenenza dell'uomo all'umanità.

La mia conclusione personale è che oggi la fraternità non costituisca un principio normativo del Diritto internazionale, poiché non viene tradotta in norme che spiegano i diritti e gli obblighi internazionali né in istituzioni che controllano l'adempimento di tali normative[8].  Tuttavia, ciò non significa che non abbia una ripercussione sul diritto internazionale come "principio programmatico" che in futuro potrà mostrare tutte le sue potenzialità.

Riguardo l'incidenza della fraternità nella struttura della società internazionale, potrò fare ulteriori riferimenti successivamente, durante lo svolgersi della tavola rotonda.



[1] Eviterò di far riferimento al termine "comunità internazionale" adottato dai testi internazionali a partire dagli anni ‘60 perchè è un concetto problematico che mi porterebbe ad addentrarmi nel classico dibattito tra sociologi sulla "comunità" e la "società". Vedere Tönnies, Communauté et société, 1887.

[2] "Dignity is an expression of the unity of humankind", (Ndt: La dignità è una espressione dell'unità dell'umanità) K. Dicke, "The Founding Function of Human Dignity in the Universal Declaration of Human Rights" D. Kretzmer/E.Klein (eds), The Concept of Human Dignity in Human Rights Discourse, Kluwer Law International, 2002, p. 114.

[3] Ch. Tomuschat, Human Rights. Between Idealism and Realism, Oxford University Press, 2003.

[4] UNESCO, Dichiarazione sul Genoma Umano e i Diritti Umani, 11 novembre del 1997.

[5] Questa idea è stata esposta, nel XVII secolo, da uno dei padri fondatori del Diritto delle genti, lo spagnolo Francisco de Victoria, il quale non considerava lo Stato come società politica appena nata, nel suo isolamento e come l'ultima tra le realtà politiche, ma bensì la rese parte della prospettiva generale di mondo. Per Victoria i vari paesi organizzati politicamente, sono uniti tra di loro dal vincolo della natura umana che li accomuna. Il lignaggio degli uomini costituisce una unità, la persona morale del mondo. Nella concezione victoriana, la società internazionale che si poteva soltanto  intravedere, non ha un'origine contrattuale (contratto sociale), essa emerge dalla "socialità naturale dell'uomo, che non si ferma ai confini del suo paese, ma si estende all'universalità del genere umano. Il suo vincolo è lo ius gentium, la cui concezione per Victoria ha un doppio significato: da una parte, lo concepisce come diritto universale dell'umanità; e dall'altra, come diritto dei popoli come tali nei rapporti tra di loro ius inter gentes." A. Truyol y Serra, Victoria  il suo posto nella storia del pensiero, R.E.D.I. vol.36, 1984, p.25.

[6] Vedere F. R. Teson, A Philosophy of International Law, Westview Press, 1998; A. Buchanan, Justice, Legitimacy, and Self-Determination, Oxford University Press, 2004.

[7] Questa filosofia può essere apprezzata chiaramente nell'orientamento dei lavori delle Nazioni Unite per la pace, lo sviluppo, la solidarietà internazionale, la democrazia, la globalizzazione dell'economia, ecc... ai diritti umani.

[8] Salvo l'eccezione del regime giuridico che sviluppa il principio di patrimonio comune dell'umanità, applicato alla zona internazionale dei fondali marini e ha fondato una organizzazione internazionale che rappresenta l'umanità ed amministra il patrimonio in suo beneficio, la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del mare, del 10 dicembre del 1982 (Parte XI) e l'Accordo relativo alla Parte XI della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del mare, del 28 luglio del 1994. Vedere E. Salamanca, La zona internazionale dei fondali marini. Patrimonio comune dell'umantà, Dykinson, Madrid, 2003.

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