paglione_licia Dono e Amore Creativo Altruistico
Riflessioni a partire dal pensiero del sociologo Pitirim Aleksandrovich Sorokin

Maria Licia Paglione

“E’ ovvio che la società umana più giusta, più nobile, più felice è quella costituita da individui legati da una relazione d’amore”

P. A. Sorokin Il potere dell’amore, Città Nuova Editrice, Roma 2005, p. 143

“Non è sottomettendosi al dispotismo della Legge o rifugiandosi nel ciascuno per sé e nell’inganno che gli uomini possono riuscire a trovare un po’ di pace, di sicurezza e di felicità.

E’, invece, imparando ad allearsi e ad associarsi, a dare (darsi) gli uni agli altri fidandosi e per fidarsi gli uni degli altri”.

A.Caillè Il Terzo paradigma. Antropologia filosofica del dono, Bollati Boringhieri, Torino 1998, p. 12

Introduzione. Questo lavoro nasce con l’intento di presentare il pensiero del sociologo russo Pitirim Aleksandrovich Sorokin sull’Amore Creativo Altruistico, da lui approfonditamente trattato nell’opera The Ways and the Power of Love, tradotta di recente in Italia con il titolo Il Potere dell’Amore , sottolineando alcune notevoli affinità e complementarietà che mi sembra si possano rintracciare tra esso e il fenomeno del dono, nella prospettiva degli studiosi del MAUSS (Mouvement Anti-Utilitariste dans les Sciences Sociales) .

Questo confronto permetterà di vedere in una luce particolare un tema classico per le scienze sociali fin dalle origini, quello della creazione di legami sociali solidi e significativi e di una società armoniosa, tema tornato ad essere particolarmente rilevante ed urgente nella realtà sociale occidentale contemporanea, fatta di relazioni sempre più evanescenti e atomistiche.

Oltre alla soluzione del contratto – economico-privato in Smith e politico-sociale in Hobbes – ipotizzata dalle scienze politiche e dall’economia quale via per comporre gli interessi individuali e le relazioni attraverso scambi che, però, lasciando le persone estranee l’una all’altra, non generano davvero “vita in comune”, le scienze sociali moderne colgono l’operare di una terza modalità, ritenuta anteriore e primordiale rispetto allo Stato o al Mercato, necessaria, più e prima del contratto, alla creazione della società e all’armonizzazione e al consolidamento delle relazioni: il “dono”. Esso non è pura oblatività, ma una paradossale forma di scambio che, secondo i teorici del MAUSS, “[…] costituisce il sistema dei rapporti propriamente sociali […] irriducibili ai rapporti di interesse economico e di potere” , a patto che si nutra di gratuità incondizionata, somigli, cioè, essenzialmente all’Amore Altruistico di cui parla Sorokin.

1.Dono e Amore? Dono e amore sono concetti che hanno a che fare con le azioni e le relazioni sociali ed, in particolare, con la creazione e il consolidamento di relazioni significative e coinvolgenti tra persone e, dunque, riguardano la possibilità di esistenza di una società armoniosa . Tento dunque di accostare questi concetti, nonostante le ambiguità che sottendono, seguendo l’intuizione che, nelle dimensioni e nelle dinamiche in cui si manifestano, dono e amore si co-implichino, condividendo uno stesso nucleo essenziale e, per alcuni aspetti, si svelino reciprocamente più in profondità.

Sembra fondato individuare un nesso tra i due fenomeni, ritenendo che “il dono non è altro che amore in atto” e che dunque “l’amore richiede il dono, chiede ad ogni agente sociale, individuale o collettivo, di trasformarsi e di agire come un donatore”. Il sociologo canadese J.T. Godbout, infatti, chiedendosi a proposito del dono di cosa esso sia linguaggio, risponde: “Io penso semplicemente che sia il linguaggio dell’amore. […] Il movente del dono, la passione pura e semplice di donare e di ricevere in cambio si basa semplicemente sul bisogno di amare e di essere amato che è altrettanto forte, anzi probabilmente più forte e fondamentale del bisogno di acquistare, di accumulare cose, di ottenere beni in cui consiste il movente del guadagno” .

“Se è legittimo ricondurre il dono all’amore”, però, ci avverte la filosofa E. Pulcini, “è anche vero che nessuno dei grandi archetipi dell’amore può esaurirne la complessità”: il dono “sfugge a ogni identificazione e classificazione parziale in quanto esso è l’effetto della reciproca contaminazione delle diverse forme dell’amore” . Se si può, dunque, parlare di amore che alimenta le azioni di dono e costituisce relazioni sociali significative, bisogna pensare ad una forma di amore che sia la più completa e universale che si possa conoscere.

In questa prospettiva diventa interessante riscoprire, nell’ambito della sociologia, un pensiero, piuttosto trascurato dalla tradizione di tale disciplina, che sa cogliere nella realtà sociale l’esistenza e la vitalità di una forma di amore così “integrale” ed “infinito”, come quello di P. A. Sorokin, sociologo di origine russa vissuto tra la Russia e gli USA dal 1889 al 1968. Egli fu uno studioso dedito all’osservazione scientifica, che, mantenendo vive le proprie idealità, molto arditamente, mise al centro del proprio impegno di ricerca l’Amore Creativo Altruistico, un amore “infinito in qualità e quantità” , multidimensionale e, allo stesso tempo, “integrale” che coinvolge, cioè, tutto l’uomo, e anche “integrativo”, che avvolge, cioè, ogni uomo, dunque non esclusivo né escludente, ma teso a fare dell’umanità una famiglia solidale .

Dal punto di vista sociologico l’Amore Altruistico rappresenta un tipo di azione che vive di gratuità (“ognuno è felice di fare e dare qualunque cosa per il benessere dell’altro, non c’è contrattazione né calcolo dei profitti” ), ma non disdegna, anzi mira alla reciprocità (“l’amore reciproco è […] il fine ultimo” ) arrivando così a costituire la “forma suprema e vitale di relazione umana” .

Nell’Amore Creativo Altruistico sembrano sintetizzarsi tutti i tipi di amore a cui la tradizione culturale occidentale ci ha abituati a pensare. Sebbene, infatti, esso sia agape, amore illimitato verso tutti e tutto, un amore cosmico, la cui fonte, per Sorokin, è di natura super-empirica, non esclude affatto l’eros nè la philia, che gli sono, anzi, co-essenziali.

Da un lato, li contamina, nutrendoli di una “grazia” che li eleva verso un profilo più alto, trasformando l’eros da semplice desiderio di colmare una mancanza o la philia da tendenza all’equivalenza, in un modello di relazione sociale più completo e coinvolgente, allo stesso tempo libero e responsabile, teso alla “fraternizzazione” dell’umanità. Dall’altro, si fa da essi contaminare, trasformandosi da puro altruismo filantropico e disinteressato in desiderio profondo dell’altro e del legame quale elemento fondamentale per un’armoniosa e “felice” esistenza dei singoli e della società. Questa reciproca contaminazione di tutti gli amori, di cui l’Amore Creativo Altruistico sembrerebbe costituirsi, lo allontana dall’idea di un amore-agape immotivato e unilaterale in pura perdita, dato che in realtà la reciprocità è il suo fine, mentre lo avvicina alla dinamica di quella paradossale forma di scambio che è il dono, che, solo se si nutre di gratuità, può funzionare come “operatore privilegiato di socialità” che permette alla reciprocità di fiorire .

Il creare unità, il generare reciprocità e, dunque, relazioni sociali significative e armoniose, è infatti anche uno dei poteri dell’amore, secondo Sorokin, che in ciò lo vede come una forma di energia, un movente dell’azione di “necessità assoluta ai fini dell’esistenza armoniosa e della sopravvivenza di qualsiasi gruppo sociale”, ma anche come una forma di relazione troppo scarsa nella società a lui contemporanea, che chiama sensista , che soffre e muore proprio per una grave carestia d’amore. Di fronte ai cruenti conflitti del suo secolo, alle lotte e alle competizioni esasperate, all’egoismo, Sorokin “avverte l’urgenza di ricostruire un nuovo tipo di cultura in grado di riscoprire la forza dell’amore creativo altruistico” .

2.Compito della sociologia e Amore Creativo Altruistico. Un primo motivo che spinse dunque Sorokin ad impegnarsi, sebbene osteggiato dai suoi contemporanei, ad introdurre il tema dell’amore in ambito sociologico, è di ordine “vitale” per l’uomo e per la società del suo periodo. Anche se l’amore non era, e in fondo non è, un argomento così consueto negli studi sociologici, soprattutto per come lo intende Sorokin , egli decise di farsene pioniere coraggioso tanto che nel 1949 arrivò a fondare ad Harvard un Centro di Ricerche sull’Amore Creativo Altruistico. Questo nella convinzione che nel XX secolo la lotta fra gli uomini aveva assunto proporzioni così catastrofiche da minacciare la sopravvivenza dell’umanità e che “nessuna delle disposizioni prevalenti contro le guerre internazionali e civili ed altre forme di lotta cruenta fra uomini” potesse “eliminare o ridurre in modo considerevole questi conflitti” , mentre in questo senso poteva essere fondamentale l’amore, che rappresenta, potenzialmente, una forza strabiliante, “ammesso”, diceva Sorokin, “che noi si sappia come trasformare individui e gruppi in esseri più altruisti e creativi che sentano, pensino e agiscano come veri membri di una umanità unita in un’unica famiglia profondamente solidale” . Suo obiettivo divenne dunque “capire la natura, le forme e il come ed il perché dell’amore, ma anche cominciare a cercare tecniche più efficienti per la sua produzione” per avviare un programma di “altruizzazione” delle persone e delle istituzioni. Programma, secondo lui, non utopico (anzi, “rientra nelle umane possibilità” , scriveva) perché nella stessa struttura antropologica degli uomini è “inscritta”, anche se spesso tenuta sopita, una “legge d’amore”. Secondo Sorokin, sottolinea infatti T. Sorgi, “non ha alcun fondamento scientifico l’asserzione di certi psicologi e sociologi, secondo i quali la forza fondamentale dell’uomo sarebbe l’aggressività. L’aggressione e l’odio nascono invece come reazioni di protesta quando vengono ostacolate le tendenze effettive. L’odio dunque è un amore mancato. E’ l’amore la forza fondamentale e la fonte della creatività umana” .

Sorokin da sociologo, però, non poteva limitarsi “a proclamare dei principi astratti o teorici sulle qualità dell’amore come fatto morale e spirituale. Ma […] alle dichiarazioni di principio aggiunge indagini storiche, statistiche, perfino biologiche e compie esperimenti e ricerche di natura tipicamente sociologica sugli effetti concreti (individuali e sociali) dell’amore altruistico” . Per apportare un miglioramento concreto alla sua società si impegnò infatti, e questo è il secondo ordine di motivi, si potrebbero dire “epistemologici e metodologici”, per sostenere il progetto di “rifondazione” quasi della sua disciplina, della sociologia, per uscire fuori dal percorso tracciato dalle scienze sociali occidentali che per decenni si erano dedicate ad “uno studio sempre più approfondito del crimine e dei criminali, dalla malattia e dei malati, della perversione sessuale e dei pervertiti […]”, prestando “pochissima attenzione ai tipi positivi di essere umano, ai loro progressi positivi, alle loro azioni eroiche e alle loro relazioni positive” . La sua sociologia è quindi “critica” ma anche propositiva, cioè impegnata nella costruzione di una nuova cultura e di una nuova società, definendo un metodo capace di rispettare la natura dei fenomeni sociali e dell’uomo, che lui vedeva come un “meraviglioso essere integrale” , non solo organismo biologico e razionale, ma anche qualcosa di più, qualcosa di “super-sensoriale e super-razionale”, nel quale, cioè, anche la dimensione spirituale, intuitiva, creativa aveva un grande spazio. Chiamò il suo metodo “integrale”, allontanandosi da quello “riduttivistico”, “quantofrenico” e “numerolatra” della sociologia del suo periodo ridotta a pura tecnica di ricerca mutilata della sua profondità di valori e significati. Il metodo “integrale” non rifiutava la ricerca empirica, aspetto fondamentale per conferire validità scientifica alla teoria, ma la integrava e utilizzava anche rispetto a temi profondi quali valori e principi ultimi, come l’Amore. Sorokin si impegnò, infatti, a raccogliere una grande quantità di dati che potessero illuminare la conoscenza del fenomeno dell’Amore che per lui non era unidimensionale e statico, ma integrale e dinamico, “un universo inesauribile in qualità e quantità” che si manifesta in “numerose forme d’essere” e che può essere accresciuto, coltivato, alimentato.

Di questo Amore infinito Sorokin individuò almeno sette forme, alcune visibili, altre no: religiosa, etica, ontologica, fisica, biologica, psicologica e sociale. Ne Il Potere dell’amore si concentrò in particolare su queste ultime due, sull’amore psicosociale cioè, e sulle sue molteplici dimensioni, costruendo un modello che potesse fungere da strumento euristico per la ricerca e permettesse di scoprire anche la parte nascosta di un iceberg poco conosciuto e sottovalutato dalla “cultura sensista” della sua epoca che portava gli uomini a credere soprattutto all’importanza della lotta per l’esistenza, degli interessi egoistici, della più crudele competizione, dell’odio e ad essere “scettici nei confronti del potere creativo dell’amore, del disinteresse, del sacrificio altruistico, dell’aiuto reciproco, del puro dovere e altre forze positive” .

Mi soffermo su questi due ultimi aspetti, quello psicologico e quello sociale, che possono essere anche quelli più utili per un confronto con il dono, pur non dimenticando che per Sorokin queste separazioni avevano valore solo analitico, mentre l’Amore resta sempre “integrale” e ognuno degli aspetti è sempre connesso strettamente agli altri .

Dal punto di vista psicologico l’Amore coincide con un’esperienza insieme emotiva, affettiva, volitiva e intellettuale, “altruistica” per sua stessa natura che porta ad una profonda condivisione e identificazione di colui che ama con l’amato: “In ogni vera esperienza psicologica d’amore l’ego o Io dell’individuo che ama tende a confondersi e ad identificarsi con il Tu oggetto del suo amore. Più forte è l’amore, più forte è l’identificazione” . Ma la valorizzazione dell’altruismo e della condivisione nell’Amore non comporta l’annullamento dell’Io per il quale, anzi, questa esperienza coincide con “la forma più alta di libertà” , perché non può esserci un amore obbligato o imposto, obbligante e opprimente, e con l’espansione della “nostra vera individualità” . L’Amore, infatti, per Sorokin è “creativo”, non solo dei legami sociali, ma anche dell’uomo, della sua “fioritura”: è diventare “esseri integrali”, persone, tanto da coincidere con la “più profonda felicità e serenità d’animo” : “amare ed essere amati”, scrive infatti, “dimostra di essere la “vitamina” più importante, indispensabile per una crescita sana dell’individuo e perché la vita umana segua un corso felice” . Felicità questa che si realizza secondo una dinamica paradossale della perdita di sé per essere sè: nelle esperienze di amore ognuno, amando l’altro, perdendo qualcosa di sé per l’altro, diventa più felice, realizza di più se stesso: “[…] rinunciando all’egoismo non sacrifichiamo la nostra individualità (personalità), ma al contrario la rendiamo eterna” .

Già qui si possono notare alcune affinità con le esperienze di dono. Esse, secondo i teorici del MAUSS, sono suscitate da un desiderio connaturato all’uomo di dare e di condividere con gli altri , che richiede, però, sempre una scelta libera: il dono, dicono, è sì un obbligo, ma un “obbligo di libertà” che dunque non sopprime ma valorizza il singolo che in esso si realizza come persona. Anche qui in modo paradossale: donare, aveva detto già M. Mauss, significa “uscire da se stessi” , rompere con un circuito autoreferenziale individualistico, rinunciando incondizionatamente a qualcosa di sé per aprirsi ed entrare negli altri e ristabilire così con essi legami che si rivelano costitutivi di senso e di identità. “Indietreggiando”, dunque, rispetto a se stesso e ai propri interessi, l’essere umano “fiorisce”, tanto che i teorici del MAUSS possono scrivere che “più una persona ha dei legami, più essa diventa “individualizzata”, più accresce la sua individualità” . Amore e dono, dunque, sintesi di elementi individuali e sociali, di libertà e di obbligo, appaiono esperienze adatte ad un soggetto autonomo e allo stesso tempo profondamente legato agli altri, e dunque capaci di far “fiorire” l’uomo come persona .

Sul piano sociale l’amore si manifesta come “una significativa interazione, o relazione, fra due o più persone, nella quale le aspirazioni e gli scopi di una persona sono condivisi ed assecondati nella loro realizzazione da altre persone” . La sua esistenza chiede che si instauri la reciprocità di dare e ricevere, anzi, dice Sorokin, “E’ la gioia di dare e la gioia di ricevere” , che solo avviandosi con uno slancio altruistico e libero, incondizionato cioè, verso l’altro, riesce a creare una condivisione profonda, una unità che Sorokin ritiene la “forma suprema e vitale di relazione umana”, quella che permette l’esistenza della società umana “più felice” e la realizzazione dell’uomo come “essere integrale” dato che “è completare se stessi negli altri e per mezzo degli altri” . La stessa superiorità e la stessa dinamica i teorici del MAUSS riconoscono alla relazione di dono che “bisogna pensare […]”, scrivono, “non come una serie di atti discontinui e unilaterali, ma come un rapporto” , anzi “[…] il tipo di rapporto per eccellenza tra persone in quanto esse si considerano e si pongono come tali”, che può nascere, precisano i maussiani, solo da uno slancio libero e gratuito verso l’altro che non è certo ricambierà, da una scommessa, dunque, incondizionale e incerta.

L’amore psicosociale è anch’esso multidimensionale, più precisamente “pentadimensionale”: cinque sono le dimensioni idealtipiche attraverso cui può essere osservato:

1. l’intensità, legata al dono perché quanto più grande e prezioso è ciò che viene dato liberamente tanto più intenso è l’amore;

2. l’estensione, variabile dall’amore esclusivo per sé stessi fino all’amore per tutta l’umanità, tutte le creature viventi e l’intero universo;

3. la durata, che può variare da un momento breve, come può avvenire in un atto eroico, ad anni o all’intero corso della vita, come nell’esperienza di cura di una mamma verso il proprio figlio;

4. la purezza che riguarda la logica e le motivazioni che animano le persone: essa “varia dall’amore che trova la propria ragion d’essere solo nell’amore stesso – senza la macchia di una “motivazione contaminante” di utilità, piacere, vantaggio o profitto – fino all’ “amore contaminato”, mezzo per raggiungere fini utilitaristici e edonistici. “L’amore puro non conosce scambio… né ricompensa. L’amore è sempre fine a se stesso” e non chiede nulla in cambio;

5. l’adeguatezza riguarda il rapporto tra fine soggettivo dell’atto d’amore e le sue conseguenze oggettive e ricorda che un atto d’amore non può essere disinteressato all’altro e agli effetti che genera .

In base a queste dimensione e ai rapporti tra esse si può capire se ci si trova in presenza di un autentico Amore Altruistico o piuttosto ad uno egoistico che non realizza dunque quella che Sorokin definisce “la forma suprema e vitale di relazione umana”, ma una sua “brutta copia”. Esistono, infatti, a suo parere, forme di amore meno autentiche perché contaminate dall’egoismo, dall’edonismo, dall’utilitarismo… che possono generare legami coercitivi o contrattuali, similmente a quanto avviene per il dono, che ha anche sue forme false o avvelenate, che possono nascondere, ad esempio, in chi dà desiderio di potenza, interessi egoistici… e in chi riceve dipendenza, senso di umiliazione o di oppressione.

Compito fondamentale della sociologia e dell’uomo sarà secondo Sorokin quello di impegnarsi per una produzione più grande di Amore Altruistico, radicalizzando un “processo sociale reale” , dato che l’amore, oltre che movente dell’azione (aspetto psicologico), appare come un prodotto dell’interazione (aspetto sociale), di un tipo di interazione che, come accennato prima, nella sua logica si sviluppa in modo molto simile, vedremo, a quella osservata nel ciclo, o meglio, nella spirale paradossale del dono. Questo compito, espresso nel programma di “altruizzazione” di Sorokin, trova eco nella consapevolezza, dichiarata dal MAUSS, della “necessità di universalizzare e di radicalizzare […] un imperativo di generosità” e nella loro proposta di “impegnarsi in un sovrappiù di incondizionalità” , vista come l’unica strada percorribile nella contemporaneità perché la società riesca a esistere.

3. Amore Creativo Altruistico e Dono. L’Amore Creativo Altruistico e il dono, quali tipi di azione e di relazione sociale, sembrano condividere molte caratteristiche tanto da poter intuire che descrivano essenzialmente uno stesso fenomeno, anche se da prospettive diverse.

Introduco il confronto ancorandolo alle “radici”, da cui le elaborazioni culturali di Sorokin e del MAUSS sono germogliate, che evidenziano già sensibilità molto simili. Sia Sorokin sia gli studiosi del MAUSS, si pongono in una posizione critica verso la società e la sociologia a loro contemporanea: sembrano preoccupati e delusi rispetto alla situazione e alla mentalità delle società in cui vivono e sfiduciati rispetto ai “riduzionismi” della sociologia e alla sua capacità di cogliere l’operare di fenomeni che potrebbero essere segnali di novità costruttive, l’Amore e il dono, e promuoverne una crescita. Entrambi non si limitano, però, ad una critica negativa né ad una soluzione normativa, ma scoprendo la fattuale operatività nel tessuto sociale di un antidoto pratico alla disgregazione sociale, lo propongono positivamente, cioè costruttivamente, come una chance (nel senso di apertura al possibile) reale utile per una “rifondazione” concreta della società e epistemologica e metodologica delle scienze sociali.

A livello concreto Sorokin molto esplicitamente, come detto prima, non solo scopre, ma ritiene necessario promuovere la crescita dell’Amore Creativo Altruistico: “Se al momento attuale” egli scrive, “la società “capitalista-contrattuale” occidentale si sgretola nella conflagrazione di una moltitudine di discordie, lotte e guerre, una delle ragioni è proprio la mancanza del minimo indispensabile di relazioni d’amore, che ha fatto sì che l’illimitata rivalità sia degenerata in un’illimitata “guerra di tutti contro tutti”, e che un numero sempre maggiore di relazioni contrattuali si sia trasformato in relazioni coercitive. […] Solo un’importante infusione di relazioni d’amore in questa società può salvarla” . Oltre che per la società, l’energia creativa dell’amore è necessaria anche più in generale per la sopravvivenza perché, in opposizione alle tante forze distruttive, “l’amore fa sì che il mondo continui ad esistere e a vivere” . Allo stesso modo i teorici del MAUSS sostengono, di fronte ad una cultura che “[…] mira in primo luogo a liberarci dagli altri, a emanciparci dai legami sociali concepiti come […] costrizioni inaccettabili” , la necessità del dono perché la società, ma in generale la vita umana, possa svilupparsi: “ancora oggi”, scrive Godbout, “non è possibile avviare o intraprendere alcunché, niente può crescere e funzionare se non nutrito dal dono. A cominciare dall’inizio, cioè dalla vita stessa […]”. Senza sottovalutare la legittimità degli interessi materiali e del calcolo, i teorici del MAUSS suggeriscono che “nessuna società umana può edificarsi nel solo registro del contratto e dell’utilitario”, mentre richiede la “subordinazione degli interessi materiali a una regola simbolica che li trascende” , il dono, la “legge antropologica e sociologica universale” del “triplice obbligo di dare, ricevere e ricambiare”.

A livello epistemologico e metodologico, in entrambi gli approcci si nota una forte insoddisfazione davanti ai “riduzionismi” in cui la sociologia si è chiusa. In una prospettiva dell’andare oltre, più che contro, ritengono preziosi i risultati finora raggiunti, ma anche incompleti e propongono, dunque, di integrarli. Oltre che focalizzarsi sulla malattia, secondo Sorokin, la sociologia del suo periodo sta rinunciando all’idealità, alla progettualità… sta diventando troppo attenta al dato e poco al senso e al valore. “Noi viviamo nell’età della testocrazia” scrive “e l’enorme influenza esercitata dai test e dai loro fautori è principalmente dovuta alla pretesa infallibilità scientifica che viene loro attribuita” . La sociologia si sta trasformando in “numerologia” e per questo come arricchimento propone una “sociologia integrale” interessata a comprendere i significati delle azioni e a trovare dei nessi causali, sulla base di un’antropologia anch’essa integrale. Allo stesso modo i sociologi del MAUSS vedono dei limiti nei due principali paradigmi delle scienze sociali, l’individualismo e l’olismo metodologici, in quanto essi colgono solo dei casi estremi delle realtà sociale e umana. Non vogliono negare il valore di questi paradigmi, anzi vogliono conservarli, “rendendo giustizia al momento di verità che ciascuno di essi indubbiamente comporta”  ma dialettizzandoli e superandoli perché, appunto, essi sono solo momenti e assolutizzarli significa perdere di vista l’integralità dei fenomeni. Non riescono, ad esempio, ad avere una teoria adeguata dell’azione e non riescono a concepire cosa sia e come nasca un legame sociale: troppo concentrati sull’individuo o troppo sulla totalità sociale non riescono a vedere ciò che sintetizza, unisce l’individuale e il collettivo, generando così i legami sociali e la società, cioè il dono con la sua logica paradossale, né a concepire l’essere umano come persona, contemporaneamente libera e vincolata, ma solo l’individuo, l’homo oeconomicus, autointeressato e completamente svincolato, o l’agente/attore sociale completamente assoggettato a dinamiche sistemiche impersonali . Cerco ora di sintetizzare da quanto detto fin qui alcune caratteristiche comuni al dono e all’Amore.

1. Entrambi appaiono come fenomeni tanto ricorrenti e necessari da poter essere visti come “leggi sociologiche e antropologiche universali”.

Alla scoperta di M. Mauss dell’universalità del “triplice obbligo di donare, ricevere e ricambiare” e all’ipotesi del MAUSS che questa “roccia morale eterna”   “continui a strutturare ancora oggi le relazioni fra le persone”, corrisponde l’enorme quantità di prove che Sorokin porta a sostegno dell’enorme importanza e dell’inesauribile vitalità dell’energia dell’Amore. Tutto il capitolo IV, ma in fondo tutto il suo Il Potere dell’amore, raccoglie numerosissimi esempi dell’operare dell’Amore, quale elementare forza umana creativa, sparsi nella storia dell’umanità di tutti i tempi e di tutti i luoghi.

2. Dono e Amore, oltre che universali, appaiono come leggi “originarie” della società e della persona: svolgono cioè la stessa funzione sociologica e antropologica creativa. A livello sociologico il dono e l’Amore permettono di creare e ricreare relazioni, di tenere uniti i singoli e di generare dunque “vita in comune”. Come “Il dono mira alla riproduzione […] sociologica, a stabilire e ristabilire il rapporto sociale” , così l’Amore fa sì che una società non si sgretoli e non diventi un “inferno sociale” fatto di atomi giustapposti, ma separati.

A livello antropologico il dono e l’Amore sottendono una stessa visione dell’uomo come persona, cioè essere-in-relazione, e costituiscono esperienze psicologiche e relazionali primarie, necessarie alla sua “fioritura”: se il dono è “ciò che trasforma gli esseri e gli individui in persone” , libere e contemporaneamente profondamente obbligate verso gli altri, uniche e allo stesso tempo simili, l’Amore è ciò che rende gli uomini “esseri integrali”. Se le relazioni significative, l’amare e l’essere amati, usando i termini di Sorokin, “è la più alta forma di felicità” , il dono apre a questo perché facendo uscire da se stessi, dà la possibilità di “inaugurare un ciclo vitale […] di ricreazione di sé attraverso la creazione di legami” , ritenuti elementi costitutivi dell’identità dell’Io.

3. L’universalità del dono e dell’Amore, inoltre, prende la sfumatura dell’apertura infinita verso tutti gli appartenenti al genere umano. Indica, cioè, una tendenza intrinseca al dono, soprattutto nelle forme più moderne come il “dono agli estranei”, e all’Amore Altruistico ad essere inclusivi e diffusivi. “Il dono […]”, secondo Godbout, infatti, “apre sulla rete universale, sul mondo, sulla vita, sugli altri stati, sull’appartenenza a qualcosa di più di se stessi” , una rete che si estende nello spazio e nel tempo i cui nodi sono gli individui. Allo stesso modo per Sorokin l’amore più vero tende ad estendersi a tutta l’umanità: è amore infinito, illimitato, cioè senza confini, per ciascuna persona senza eccezioni. Se limitato esclusivamente al proprio gruppo, anzi, l’amore rischia di far degenerare le relazioni in “egoismo tribale”. L’universalità, intesa come apertura illimitata verso gli altri, inoltre viene vista, dai nostri autori, come un compito da realizzare, una strada da tracciare con sempre più chiarezza nell’età contemporanea se si vuole salvare la possibilità della “vita in comune”. A questo proposito Caillè scrive: “Affinchè l’esigenza del dono possa estendersi agli estranei e fondare una società più vasta, bisogna donare ancora di più, a un numero maggiore di destinatari e in modo sempre meno vistoso e sempre meno radicalmente legato all’attesa di remunerazione in cambio” . Notazione che nei termini di Sorokin suona come un appello a radicalizzare l’Amore Altruistico, attraverso un’estensione sempre più ampia, un’intensità più profonda e una purezza più sincera delle azioni e delle relazioni. Così radicalizzati, il dono e l’Amore vengono a costituire nelle rispettive contemporaneità nuove chance relazionali particolarmente necessarie per la ricostruzione di legami: alla rivalità esasperata e all’indebolimento dei legami si offrono come un’alternativa, costruttiva e ricostruttiva del tessuto sociale, allargata ad un nuovo soggetto globale, l’intera umanità.

4. Sia il dono sia l’amore possono essere fattori di creazione di legami a patto che sia rispettata la loro pluridimensionalità e la loro integralità. Sia il dono sia l’amore riescono a svolgere la loro funzione sociale, creare e ricreare la rete di socialità, se nel loro operare riescono a rimanere “plurali”. Le azioni di dono si caratterizzano per la pluralità delle loro dimensioni o motivazioni (interesse/gratuità, libertà/obbligo), come sottolineava già Mauss nel suo celebre Saggio sul dono, tutte paradossalmente interrelate e non separabili se non per motivi analitici: “non vi è dubbio”, scriveva, “che il dono non funzionerebbe, non sarebbe l’operatore privilegiato di socialità che è, se non fosse effettivamente nel contempo e paradossalmente obbligato e libero, interessato e disinteressato” . Allo stesso modo l’Amore Creativo Altruistico appare come un universo infinito di almeno sette forme e cinque dimensioni che bisogna sempre tenere a mente nell’insieme e nelle reciproche influenze.

5. Le dimensioni di cui vivono questi fenomeni e le dinamiche secondo cui si sviluppano sembrano simili e da un certo punto di vista paradossali. L’Amore Creativo Altruistico più autentico, come il dono, “trascende qualsiasi motivazione utilitaristico-edonistica” ed è “la più alta espressione del libero desiderio, azione, preferenza”. Non è guidato infatti da logiche strumentali (altruistico sta ad indicare infatti che “nel vero amore si fa esperienza della persona amata come un valore fine” e non mezzo), né da costrizioni. Si nutre di gratuità e libertà. Nello stesso tempo, però, non è puramente disinteressato all’altro né completamente svincolato dal rapporto con lui, ma al contrario interessato e obbligato: l’altro e il rapporto con lui sono suoi fini. L’Amore Altruistico è dunque anche interesse e obbligo, come il dono, ma le sue caratteristiche più tipiche sono le prime due. Solo grazie alla non strumentalità (gratuità), cioè all’altruismo, e alla libertà che lo muovono, infatti, l’Amore agisce come “una delle forme più alte di forza o energia creativa” , capace cioè di generare “un di più” inatteso in tanti ambiti della vita umana . Solo grazie alla gratuità e alla libertà nell’ambito sociale il suo potere creativo “unifica, integra e armonizza” perché, senza pretendere, spesso suscita nell’altro una risposta e, dunque crea relazioni non strumentali o contrattuali come quelle dello scambio di mercato, né imposte come quelle delle “società prigione”, ma d’Amore, che hanno, anzi, che sono un valore in sé. Ad esse, infatti, si aspira senza altro scopo che quello di viverle e non perché utili ad altro, né perché obbligate. Queste relazioni del tipo più libero e gratuito e contemporaneamente più “vincolante” che si possa conoscere, somigliano molto a quelle alimentate dal dono, il “collante sociale” per eccellenza. Il dono, infatti, “funziona” come “valore di legame”, creando relazioni, solo se è mosso e nutrito da libertà e da gratuità: esso è un obbligo sì, ma un “obbligo di libertà”  tanto da poter dire che in esso “si inscena il legame sociale più libero” , e anche se incorpora un interesse egoistico, la gratuità incondizionata ne costituisce l’essenza più profonda. Scrivono, infatti, i teorici del MAUSS “se dunque ci si chiede cosa sia veramente comune ed essenziale alle diverse interpretazioni di dono […] è il fatto di offrire senza attendere una restituzione determinata” , ovvero gratuitamente e liberamente, in una parola incondizionatamente.

4. L’importanza relazionale del “dare” per primi e sempre (e il suoi rischi). Concludendo, allora, vorrei soffermarmi con più precisione su questa coincidenza tra Sorokin e i teorici del MAUSS che riguarda la dinamica creativa e vivificante delle relazioni, entrando più in profondità nella logica, rischiosa e paradossale, che la guida.

Sorokin, radicando l’essenza delle “relazioni sociali supreme e vitali” nella non strumentalità (l’amore più grande è quello più puro che non chiede nulla in cambio) e nella libertà, mette in luce l’incondizionalità quale loro elemento “originario” e “costitutivo”. Suggerisce, infatti, che “solo il potere dell’amore incondizionato provato per tutti gli esseri umani può sconfiggere le forze della lotta fratricida” e centra così il cuore della logica che anche secondo i teorici maussiani genera e potenzia le “relazioni sociali propriamente umane”: “[…] solo la gratuità manifesta, l’incondizionalità” scrivono loro “possono stringere l’alleanza […]” . Anche se l’incondizionalità per i maussiani deve essere sempre libera e dunque incerta, cioè condizionale (“ognuno […] resta sempre libero e si mostra effettivamente in grado di uscire dall’alleanza” ), essa, ammettono, “[…] costituisce […] il clima specifico delle relazioni propriamente umane” . Avvertono, però, che se le relazioni richiedono incondizionalità e l’incondizionalità è sempre incerta, la dinamica relazionale è sempre rischiosa, nel suo momento iniziale, ma anche dopo. “L’alleanza può nascere soltanto da una scommessa incondizionale”, dalla disponibilità di qualcuno a fare liberamente per primo “un salto nell’ignoto”, a correre, cioè, il rischio che il “dare” non sia ricambiato e che non si crei una relazione, ma si perda soltanto. La dinamica creativa delle relazioni non può fare a meno di questa rischiosa incondizionata gratuità. “Chi prende l’iniziativa del dono non può in alcun modo essere certo che l’altro risponda […]. Ma è proprio nella capacità di correre questo rischio, di affrontare gli esiti inevitabilmente incerti di una scommessa che si restituisce la chance alla fiducia e le si consente di rinascere nella sua qualità di collante sociale per eccellenza” . A conferma dell’importanza relazionale del “primo dare” gratuito e incondizionato c’è la scoperta che il dono, in effetti, non è un ciclo, ma una spirale di cui “[…] il momento capitale è il primo, quello del dono propriamente detto. E’ il dono che fa apparire qualcosa che non esisteva in precedenza […]” , “[…] è ciò che fonda il sistema: […] designa la natura di ciò che si svolge e si porta dietro il resto, ne definisce la logica ed esprime il fatto che il sistema non è meccanico, ma libero e indeterminato. Si è ben costretti a concludere che la reciprocità degli oggetti non è centrale per il dono e che il dono è in primo luogo un dono […]” . “L’alleanza”, inoltre, oltre che nascere, “può vivere soltanto nel registro dell’incondizionalità” , nella continua disponibilità, cioè, di qualcuno a “dare”, rischiando di non avere risposta. La gratuità incondizionata resta infatti l’essenza dell’intero ciclo, ciò che è essenziale al dono per continuare ad essere “l’operatore magico sine qua non dell’essere insieme” : fa notare, ad esempio Godbout, che anche il “ricambiare”, se autentico, significa “a propria volta” donare. Il dono, dunque, per funzionare e alimentare relazioni richiede gratuità incondizionata non solo all’inizio, ma sempre. Il dono, allora, per funzionare sembra doversi radicare nell’Amore infinito di Sorokin. Nell’Amore Creativo Altruistico, si può dire in conclusione, sembra sintetizzarsi quello che, anche ai teorici del MAUSS, appare il vero nucleo vitale delle “relazioni propriamente umane” e l’essenza più profonda della “vita in comune”. L’essenza, la “fonte” delle relazioni sociali più autentiche e di una società armoniosa e umana, infatti, a vederla filtrata dal pensiero di Sorokin, starebbe nella rischiosa e incondizionata gratuità con cui gli uomini agiscono gli uni verso gli altri. Uno slancio altruistico di gratuità, un rischioso “sovrappiù di incondizionalità” appare a Sorokin, l’unica via per creare una “[…] società umana più giusta, più nobile, più felice […]” , come appare a M. Mauss e, più recentemente ai teorici del MAUSS, l’unica via per costruire alleanze e “trovare un po’ di pace, di sicurezza e di felicità” .NOTE

*Maria Licia Paglione Dottoranda in “Scienze sociali: teorie, applicazioni e interventi”, presso l’Università “G. D’Annunzio” di Chieti

P.A. Sorokin, Il Potere dell’amore, Città Nuova Editrice, Roma 2005 [ed. or. The Ways and Power of Love. Types, Factors and Techniques of Moral Trasformation, Beacon Press, 1954].

Tra i principali promotori del MAUSS ci sono Gerard Berthoud, Alain Caillè, Jacques T. Godbout, Jean-Luis Laville, Serge Latouche, Guy Nicholas. In questo lavoro i riferimenti saranno a testi di A. Caillè e J.T. Godbout.

J. T. Godbout, Lo spirito del dono, Bollati Boringhieri, Torino 2002 [1993] , p. 22.

“Azione” e “relazione sociale” sono categorie sociologiche ereditate dei classici della sociologia. La formulazione forse più nota di una loro definizione risale a Max Weber, per il quale: “Per agire sociale si deve intendere un agire che sia riferito all’atteggiamento di altri individui, e orientato nel suo corso in base a questo” (M. Weber, Economia e società, Edizioni di Comunità, Milano 1961, p. 63), mentre “per relazione sociale si deve intendere un comportamento di più individui instaurato reciprocamente secondo il suo contenuto di senso, e orientato in conformità” (Ibidem, p. 78).

In ciò trovano coerenza le idee espresse negli approcci chiamati “relazionali” (ad esempio in Italia quello di Pierpaolo Donati) che vedono la società costituita da una “rete di relazioni”. La “relazione sociale” è intesa come azione reciproca creativa di una nuova realtà sui generis, un “fatto emergente” rispetto ai singoli che la compongono che però in essa mantengono la propria autonomia. La “relazione sociale” è in questo modo origine e cemento della società.

V. Araujo, Relazione sociale e fraternità: paradosso o modello sostenibile?, in Nuova Umanità 162, Città Nuova, Roma 2005, p. 865.

J.T Godbout, Il linguaggio del dono, Bollati Boringhieri, Torino 1998, p. 30.

E. Pulcini, L’individuo senza passioni. Individualismo moderno e perdita del legame sociale, Bollati Boringhieri, Torino 2005 [I ed. 2001], p. 205.

Cfr. P. A. Sorokin, op. cit., 2005, p. 41.

Cfr. ibidem, p. 197.

Ibidem, p. 143.

Ibidem.

Ibidem, p. 142.

Ibidem, p. 673

La definizione di dono elaborata dal MAUSS prevede infatti questi due elementi: “Definiamo dono ogni prestazione di beni e servizi effettuata, senza garanzia di restituzione, al fine di creare, alimentare o ricreare il legame sociale tra le persone” (J.T. Godbout, op. cit., 2002 [1993], p. 30), cioè, aggiunta mia, richiede la reciprocità del dare e ricevere, ma in una spirale di gratuità aperta all’ “infinitizzazione”.

Sorokin aveva una concezione fluttuante della storia caratterizzata dal susseguirsi incessante di tre supersistemi socio-culturali: “ideazionale”, “idealistico”, “sensista”. Nella sua contemporaneità il supersistema dominante era quello sensista ormai in uno stato di declino caratterizzato da una radicalizzazione dell’egoismo, della lotta, della ricerca di piacere effimeri.

B. Abbottoni, L’anima russa di Pitirim Aleksandrovic Sorokin, Edizioni Martina, Bologna 2004, p.66.

Oggi questo argomento gode di un rinnovato interesse in ambito sociologico, anche se tra gli approcci sviluppati alcuni si discostano molto da quello “integrale” di Sorokin, in quanto sottintendono un concetto di amore molto parziale e ristretto alla dimensione dell’eros e alla sfera di coppia. Tra coloro che intendono l’amore in senso più ampio si veda, ad esempio, L. Boltanski, Stati di pace. Una società dell’amore, V&P, Milano 2005 oppure Z. Bauman, Amore liquido. Sulla fragilità dei legami affettivi, Laterza, Roma-Bari 2006.

P. A. Sorokin, “Studies of the Harvard Research Center in Creative Altruism”, 1955, p. 1, citato in S. Post, Pitirim A. Sorokin un pioniere nello studio scientifico dell’amore infinito, Introduzione a P.A.Sorokin, op.cit., 2005, p. 28.

Ibidem.

Ibidem, p. 87

P. A. Sorokin, Il potere dell’amore, Città Nuova, Roma 2005, p. 97.

T. Sorgi, La sociologia del profondo in P. A. Sorokin, in “Schemi di sociologia”, Pescara, Libreria dell’Università, n. 5, 1985, 7-174, p. 154.

Ibidem, p. 155.

P. A. Sorokin, Altruistic Love: A study of American Good Neighbors and Christian Saints, Beacon, Boston 1950, p. 4. 

P. A. Sorokin, L’integralismo è la mia filosofia, in W. Burnett (a cura di) Questa è la mia filosofia (New York 1957), Milano, Bompiani, ed or. This is my Philosophy, New York, 1957, pp. 247-248.

P. A. Sorokin, op.cit., 2005, p. 41.

Anche i teorici del MAUSS parlano di una sorta di scetticismo dello spirito dell’uomo contemporaneo rispetto a questi temi. Si veda ad es. J. T. Godbout, op. cit., 2002 [1993].

“ […] terremo sempre a mente la molteplicità dell’amore nel suo insieme perché senza i suoi aspetti religiosi, etici e ontologici non potremmo comprendere veramente quelli empirici psicosociali, la parte “visibile” di questo cosmo”, P.A. Sorokin, op.cit., 2005, p. 56.

Ibidem, p. 50.

Ibidem, p.52.

Ibidem.

Ibidem, p. 54.

Ibidem, p. 129.

Ibidem, p. 51.

“Perché si dona? […] per rompere la solitudine, per far parte della catena, trasmettere, sentire che non si è soli e che si “appartiene”, che si fa parte di qualcosa di più vasto e in particolare dell’umanità […]” (J. T. Godbout, op. cit., 1998, p. 29).

M. Mauss, Saggio sul dono, Forma e motivo dello scambio nelle società arcaiche, Einaudi, Torino 2002 [1950], p. 276.

Ibidem, p. 98.

Il tema della persona è di grande interesse nella sociologia contemporanea. Si veda ad es. V. Cesareo, I. Vaccarini, La libertà responsabile, Vita e Pensiero, Milano 2006 oppure Gruppo SPE, Verso una sociologia per la persona, FrancoAngeli, Milano 2003, o ancora Gruppo SPE, La sociologia per la persona. Approfondimenti tematici e prospettive, FrancoAngeli, Milano 2007.

P. A. Sorokin, op. cit., 2005, p. 55.

Ibidem.

Ibidem, p. 55.

Ibidem, p. 14.

Per queste dimensioni cfr. P.A. Sorokin, op.cit., 2005, capitolo II.

Per una riflessione su questi aspetti si veda G. Gasparini, Il dono: tra economia e società, in “Aggiornamenti sociali”, 55, 3, mar.2004, pp. 205-213, in cui è proposta una tipologia del dono basata sulle intenzioni del donatore e sulle conseguenze del dono.

P.A. Sorokin, op.cit., 2005, p. 86.

A. Caillè e J. T. Godbout preferiscono parlare di “spirale” piuttosto che di “ciclo” per sottolineare l’importanza del “primo dare” senza il quale nessuno ciclo si avvia e più in generale l’importanza della gratuità e della incondizionalità perché ci sia reciprocità genuina.

A. Caillè, op. cit., p. 135.

Ibidem, p. 133.

Sul dono in questo senso cfr. E. Pulcini, op. cit., p. 226 e E. Pulcini, L’io globale: crisi del legame sociale e nuove forme di solidarietà, in D. D’Andrea e E. Pulcini (a cura di), Filosofie della globalizzazione, ETS, Pisa.

P.A. Sorokin, op.cit., 2005, p.144.

Ibidem, p. 48-9.

J. T. Godbout, op. cit., 2002 [1993], p. 205.

A. Caillè, op. cit., p. 33.

Cfr. P. A. Sorokin, Mode e utopie nella sociologia moderna e scienze collegate, Firenze, Universitaria G. Barbera, 1965.

A. Caillè, op. cit., p. 14.

Questa prospettiva di ricerca di una “terza via” capace di cogliere la relazionalità come elemento costitutivo dell’essere umano è condivisa oggi da molti autori (Es. P. Donati, V. Cesareo…). Una per tutti, M. Archer. La tesi di questa studiosa è che la modernità abbia generato il problema della relazionalità costitutiva della persona umana, ma che poi l’abbia trattato sulla scorta di approcci distorsivi che vedono o solo una oversocialisation, o solo una undersocialisation, mentre occorre “salvare” la singolarità di ogni persona umana, la sua dignità e irripetibilità, ma nello stesso tempo incorporare questa singolarità nella realtà sociale. (cfr. M. S. Archer, Persons and Ultimate Concerns: Who We Are is What We Care About, in M. A. Glendon (ed.), Conceptualization of Human Person in Social Science, The Pontifical Academy of Social Sciences, Vatican City, Rome, 2006).

A. Caillè, op. cit., p. 29.

Ibidem, p. 110.

J. T. Godbout, op. cit., 2002 [1993], p. 175.

P. A. Sorokin, op. cit., 2005, p. 143.

E. Pulcini, op. cit., p. 225.

J. T. Godbout, op. cit., 2002 [1993], p. 258.

A. Caillè, op. cit., p. 67.

Ibidem, p. 43.oppure p. 63: “[…] il concetto di dono non si applica più quando una delle sue quattro componenti, l’obbligo, l’interesse strumentale, la spontaneità o il piacere, si separa dalle altre e funziona nell’isolamento diventando come dipendente soltanto da se stessa“.

P. A. Sorokin, op. cit., 2005, p. 75.

Ibidem, p. 45

Per Sorokin l’amore ha un potere creativo anche a livello dei singoli, ad esempio, è curativo, rende più longevi e vitali… cfr. Il Potere dell’amore, Città Nuova Editrice, Roma 2005, capitolo IV.

Già M. Mauss notava che “l’atmosfera del dono” è sempre quella “dell’obbligo e, insieme, della libertà” (Mauss M., Saggio sul dono. Forma e motivo dello scambio nelle società arcaiche, Einaudi, Torino 2002 [1950], p. 269).

J. T. Godbout, op. cit., 2002 [1993], p. 237.

Ibidem, p. 80.

Cfr. A. Caillè, op. cit., p. 41.

Ibidem, p. 124. Ecco perché A. Caillè, in op. cit., pp. 113-134, parla di logica della “incondizionalità-condizionale”, la cui formula in nuce appariva già in M. Mauss: “ […] non esiste via di mezzo: fidarsi interamente o diffidare interamente” (Saggio sul dono. Forma e motivo dello scambio nelle società arcaiche, in Teoria della magia e altri saggi, Einaudi, Torino 1965, p. 289).

Ibidem.

Ibidem, p. 122.

Ibidem.

E. Pulcini, op. cit., p. 200.

J. T. Godbout, op. cit., 2002 [1993], p. 196.

Ibidem, p. 125.

A. Caillè, op. cit., p.123.

Ibidem., p. 124.

Ad esempio “infatti colui che ricambia in realtà dona anch’egli”. (J. T. Godbout, op. cit., 2002 [1993], p. 125).

A.Caillè, op. cit., p. 12.

P. A. Sorokin, op. cit., 2005, p. 143.

Bibliografia

Abbottoni B., L’anima russa di Pitirim Aleksandrovich Sorokin, Edizioni Martina, Bologna 2004. Araujo V., Relazione sociale e fraternità: paradosso o modello sostenibile?, in Nuova Umanità 162, Città Nuova, Roma 2005. Caillè A., Il terzo paradigma. Antropologia filosofica del dono, Bollati Boringhieri, Torino 1998. Godbout J.T., Il linguaggio del dono, Bollati Boringhieri, Torino 1998. Godbout J.T., Lo spirito del dono, Bollati Boringhieri, Torino 2002 [1993]. Mauss M., Saggio sul dono. Forma e motivo dello scambio nelle società arcaiche, Einaudi, Torino 2002 [1950]. Pulcini E., L’individuo senza passioni. Individualismo moderno e perdita del legame sociale, Bollati Boringhieri, Torino 2005 [2001]. Sorgi T., La sociologia del profondo in P.A. Sorokin, in “Schemi di sociologia, Pescara, Libreria dell’Università, n.5, 1985, p. 7-174. Sorgi T., Sorokin e la sociologia dell’amore, in “Sociologia”, Rivista di Scienze Sociali dell’Istituto Luigi Sturzo, n.2-3, 9-24. Sorokin P.A., Il potere dell’amore, Città Nuova Editrice, Roma 2005.

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