Libertà, eguaglianza, fraternità: complessità di una triade

Pietro Cavara

Dottore di ricerca in metodologia delle scienze sociali nell'università degli studi di Roma "La Sapienza".

_17-Ascolto-in-sala Rivendicare il senso della triade rivoluzionaria comporta il rischio dell'esercitazione retorica. Più di duecento anni di storia (dai tempi della loro celebrazione nella Francia rivoluzionaria) evidenziano l'incompatibilità di quei termini con la realtà violenta e demistificatrice presente e alle nostre spalle. Eppure presi insieme disegnano un modello di perfezione, l'aspirazione umana all'universalità e alla pace rimasta disattesa. Separati esprimono - a seconda dei punti di vista interpretativi - concretizzazioni storiche ben lontane dall'adempimento della Terra promessa, ma del resto l'utopia non riguarda il senso storico preciso in cui si vuole osservare il manifestarsi dei singoli principi, ma l'irrealizzato panorama della sintesi dei medesimi. Si può così affermare che libertà, eguaglianza e fraternità aspettano ancora di compiersi, siano realtà a venire o, più modestamente, aspirazione a un mondo che sia espressione o anche solo riferimento critico all'unità comprendente. E in effetti l'analisi del loro passato storico può solo riguardare il compiersi frammentario o l'espressione di uno o due principi a scapito degli altri o dell'unico rimanente, mai la totalità compiutamente realizzata. Si è sacrificata la libertà all'eguaglianza, o viceversa. O si sono comprese entrambe, gli scenari democratici ne sono testimonianza, a detrimento della fraternità. Dei tre termini, l'ultimo rimane il grande assente fino a oggi. L'ipotesi qui avanzata è che non solo l'assenza di fraternità sia all'origine della mancata sintesi del pensiero e della realtà moderne, ma che concretamente non possa esservi libertà ed eguaglianza a misura della dignità umana, e quindi senza di essa. La fraternità è il termine chiave, quello che darebbe senso all'unità, il termine da riscoprire, il principio che consente di reinterpretare la triade nella sua complessità, avanzando speranze per il futuro. La sua assenza potrebbe spiegare la ferocità del mondo, l'idea che libertà ed eguaglianza non possono bastare al progresso umano, né concependoli singolarmente, né nella loro sintesi "democratica". Un accenno al tema è già emerso in un articolo di Stefano Rodotà (La Repubblica 15,2,2005). E da questo accenno sono partito per alcune considerazioni sulla triade e sul ruolo della fratellanza.

   Quando si intende la libertà nel significato moderno espresso dalle rivoluzioni moderne, e soltanto la libertà, il senso prevalentemente osservabile è il suo carattere negativo. Se si percepisce la libertà come capacità di produrre per sé e per gli altri si esce già dal senso richiesto. L'aspetto negativo comprende difatti la non costrizione esterna in quanto l'aspetto positivo della libertà condiziona l'agire degli altri, modifica di conseguenza la percezione di una realtà in cui si è soli ad agire senza coercizioni di sorta. Posta in questi termini la libertà negativa è priva di contenuto, ma quando si arriva a concepirla come principio di conservazione, rispetto a una libertà positiva che ridefinisce il ruolo dei soggetti in società, diventa allora pienamente intelligibile come il suo presunto contrario, la libertà positiva. L'esterno è la sfera politica, il regno delle possibilità, l'interno, la sfera privata, a cui si lega il significato negativo della libertà. E se la componente positiva è quella della rivendicazione dei diritti sociali in cui si estrinseca la libertà medesima in tutta la sua pienezza, la componente negativa è più spesso quella in cui non si vuole rinunciare a modificare un ordine presumibilmente naturale in cui si è sempre liberi di agire individualmente, in forma privata ed esclusiva. La libertà isolata può essere solo negativa perché il significato positivo la contamina con l'eguaglianza, e cioè ne fa una libertà complessa, accordata. La sfera dei diritti sociali allarga le possibilità della libertà, richiede maggiore uguaglianza per gli esclusi - l'uguaglianza che consente di poter esercitare una libertà nuova o esistente solo per altri - richiede che per essere liberi si debba ottenere eguaglianza di prestazioni, redditi, prerogative, pena la riduzione delle proprie possibilità ad essere liberi. Non è vero che la libertà è indifferente e che si rimane liberi anche senza i mezzi che l'uguaglianza consente, perché anche se si è liberi senza nulla possedere non è questa libertà soltanto che interessa (in questo senso la libertà positiva si coniuga con l'eguaglianza rispetto alle posizioni antilibertarie e conservatrici). Del resto l'eguaglianza come mezzo per l'esercizio di libertà altrimenti precluse, comporta il riassetto delle libertà preesistenti, l'equilibrio democratico, la coercizione positiva come aspetto sostitutivo della legge naturale confermativa dell'azione liberamente intesa, insomma la compromissione del modello di libertà negativa con la componente dell'eguaglianza nei termini del diritto e delle opzioni.

Dal confronto tra i due modelli di libertà e dell'una e dell'altra in rapporto all'eguaglianza si chiarisce così lo scenario ideologico della libertà al di là della sua componente falsamente prescrittiva, la negatività. Di quest'ultima appaiono evidenti le teorizzazioni mascherate (quella di Hayek soprattutto) e di conseguenza emerge il confronto parallelo con le realtà storiche in cui essa si realizza: l'Inghilterra della seconda metà del Settecento e del secolo successivo, il tatcherismo, l'imperialismo liberista, e per ultima, la realtà odierna.

Ora è evidente che la libertà negativa non può essere di alcun sostegno alla realizzazione della sintesi dei principi rimanenti. Essa può tranquillamente fare a meno degli altri due. Ma neppure l'eguaglianza nella libertà per quanto modifichi il significato della libertà stessa (o ne comprenda anche e soprattutto l'aspetto positivo) può ergersi a sostegno di una visione unitaria. Se il legame con l'eguaglianza sminuisce la libertà e la trasforma, la sua nuova identità è già spinta sul piano positivo, e se diventa libertà per sé e per gli altri è libertà responsabile. Altra cosa ancora diventa nell'assumere la fratellanza a sua consorella: libertà responsabile ed eticamente indirizzata. La libertà responsabile conosce il peso delle istituzioni e il ruolo non soltanto prescrittivo delle leggi. Si allarga nelle sue idealità e si contiene in rapporto agli altri che non possono e non devono essere travalicati o soppressi nei loro diritti e nella loro libertà concepita allo stesso modo (da qui il connubio democratico di libertà ed eguaglianza). La libertà responsabile e moralmente assunta comprende la sintesi di corpo e anima per cui il singolo individuo agisce responsabilmente e per "convenzione" ma anche per desiderio e amore verso sé stesso e verso gli altri. La libertà compresa dall'eguaglianza e dalla fraternità è in radicale antitesi alla libertà negativa che appartiene alle rivoluzioni moderne, inglese, americana, e costituente francese, e che nella sua assolutizzazione occidentalocentrica appare visibilmente la deformazione di un ampio progetto di civiltà e di umanità.

Ma rimane comunque il fatto che non è la libertà a strutturarsi poliedricamente in rapporto agli altri due termini, ma la fraternità. Il caso della giustizia penale è emblematico. In rapporto alla libertà da preservare ogni pena (anche estrema) è ammessa, e l'eguaglianza arriva a giustificare il principio che la pena debba seguire il delitto, e dunque anche di comminare la morte per l'assassino. La fraternità induce invece a rispettare la libertà degli altri e il sentimento dell'eguaglianza reprimendo l'orgoglio della vittima e la prepotenza del giudice e della legge. La fraternità è il giusto mezzo, non una infatuazione retorica.

L'appello alla clemenza per i carcerati rivolto dal Papa nel Giubileo del 2000 non deve quindi essere interpretato solo come la richiesta di un provvedimento d'eccezione necessario. E' piuttosto un appello a cogliere il senso profondo della dignità umana in un mondo globalmente disumanizzato. E' un invito a riflettere sul senso imprescindibile della fraternità, perché eguaglianza e libertà da sole non bastano a colmare la dignità, ma possono da sole "infliggere sofferenze", produrre crudeltà e orrori in piena discordanza con le intenzioni originarie di una società giusta e illuminata.

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