"Una scelta paradossale".(intervista a cura di Martin Nkafu )

_23-Festa-Bangwa Lucio Dal Soglio

Abbiamo intervistato il dr. Lucio Dal Soglio, attualmente collaboratore stretto di Chiara Lubich per tutto il continente sub-sahariano, ma che ha vissuto sul posto i primi vent'anni dell'avventura di Fontem.

Martin Nkafu Nkemnkia:  Voi eravate già da alcuni anni nella regione nord-occidentale del Camerun. Come è nata l'idea di andare a Fontem?

Lucio Dal Soglio: Il vescovo Peeters ci prospettò un'idea: "C'è una tribù che da tempo mi chiede di andare in loro aiuto. Ma io non posso perché non ho il personale sufficiente per aprire anche questa missione. Vive in un posto molto lontano, non ci sono le strade, è molto difficile ... Aiutarli diventa un'impresa quasi impossibile. Perciò, se voi pensate di poter andare, io proporrei che andiate tutti voi, sia i focolarini che le focolarine ed i sacerdoti se ci sono. Vi spostate tutti e prendete la responsabilità di questa missione; la fate nascere, vivete il vostro Ideale, e fate la vostra esperienza in Africa, senza intromissione di nessuno, senza condizionamenti sia civili che religiosi". Era il suo punto di vista. Si era reso conto che vi erano non solo difficoltà nostre, ma anche da parte degli altri nei nostri confronti, nella Chiesa missionaria del Camerun Nord-Occidentale. Perché noi eravamo un caso speciale, eravamo fuori da tutti gli schemi dell'evangelizzazione. Ogni società missionaria ha il suo modo di evangelizzare, ha i suoi schemi che vanno giustamente rispettati. Noi andavamo senza schemi. Dicevamo: "Bisogna andare per amare tutti, vedere Gesù nell'altro e cercare di vivere con Lui in mezzo a noi". Al di fuori di noi non si aveva  idea di questo stile di vita. Il vescovo era conscio che i suoi missionari non capivano cosa volevamo fare. Egli pensava però che era giunto il momento, e univa due cose: la nostra volontà di fare insieme qualcosa e il suo bisogno di rispondere all'urgenza di questa nuova missione. Disse : "Io proporrei a Chiara questo vostro spostamento".

Chiara venne fino a Douala (1965), dove la raggiungemmo, rimandendo alcuni giorni insieme. Già le avevamo scritto di questa proposta di spostarci tutti insieme in questo posto che si chiama Fontem. Però non era semplice! Si trattava ora di dare una risposta affermativa al vescovo.

Ricordo che una volta siamo andati in macchina con lei fuori Douala per vedere la foresta, i villaggi nei dintorni, che lei non conosceva. Lungo il tragitto, Chiara, rivolta a me che guidavo la macchina Volkswagen, mi dice: "Cosa pensi di questa proposta del vescovo di andare a Fontem?". Le rispondo: "Chiara, dico la verità, penso che non va bene. Se stando a Shisong e a Njinikom, abbiamo avuto tante difficoltà a portare avanti il Movimento, a organizzarlo rudimentalmente, se andiamo a Fontem, ne avremo dieci volte di più di difficoltà". Ho risposto proprio così.

E Chiara è stata un po' soprapensiero, e poi dice: "Ma no, io penso che va proprio bene così, quindi preparatevi ad andare a Fontem, ed io, l'anno prossimo, verrò a mettere la prima pietra per l'ospedale".

Chiara è fondatrice e nostra presidente, pertanto non ho più aggiunto altro. Però con un po' di riserva, quando Chiara è partita, sono andato dal vescovo chiedendomi come avrebbe accolto lui le difficoltà che vedevo, e gli ho detto: "Eccellenza, ma lei  conosce Fontem? Come si fa ad andare a Fontem se non c'è neanche la strada? Vuole che costruiamo l'ospedale, il college e la chiesa, ma come facciamo se non sappiamo neanche trovare un sacco di cemento perché non c'è, se non sappiamo dove acquistare il cibo perché non c'è neanche un negozio, se non sappiamo dove dormire? Ci indichi un posto dove possiamo trovare tutte queste cose!".

E lui ha risposto: "No, no, no, voi dovete andare tutti insieme lì. Perché dovete fare la vostra esperienza, con il vostro Ideale, in Africa! Quindi dovete andare tutti lì!".

Mi sono arreso a questa evidenza, all'idea di Chiara e al vescovo ... non sapevo più a chi appellarmi. È stato tutto questo che ha determinato la nostra andata a Fontem.

Noi quindi siamo senz'altro andati lì con questa spinta di Chiara e del vescovo.

Ma come condizione per la nostra andata a Fontem il Movimento aveva chiesto che i Bangwa ci dessero un terreno abbastanza esteso per costruire col tempo una nostra cittadella. C'era quindi anche un interesse del Movimento. Nell'andare lontano dai centri abitati, chiedevamo la disponibilità di un territorio per mettere in piedi le strutture nostre,  in particolare una cittadella. Noi certamente andavamo lì per aiutare la gente ma, per amore del vero e della giustizia, devo dire che pensavamo anche anche a un ritorno per il Movimento.

Questo sito utilizza cookie tecnici, anche di terze parti, per consentire l’esplorazione sicura ed efficiente del sito. Chiudendo questo banner, o continuando la navigazione, accetti le nostre modalità per l’uso dei cookie. Nella pagina dell’informativa estesa sono indicate le modalità per negare l’installazione di qualunque cookie.